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ALIMENTAZIONE SALUTARE E PREVENZIONE ALL’ICTUS

Si crede che l’ICTUS colpisca prevalentemente gli anziani, ma solo in Italia esistono più di 30.000 persone giovani che ne sono state colpite, anche in modo invalidante. Ogni 6 secondi una persona nel mondo viene colpita da ICTUS al cervello, indipendentemente dall’età o dal sesso. In Italia ogni giorno 660 persone, circa 240.000 ogni anno, vengono colpite da ICTUS. Tuttavia, come abbiamo visto, non solo è una patologia che si può curare, ma si può prevenire nell’80 % dei casi.

Per l’ICTUS, come del resto per le diverse malattie cardiovascolari, la chiave per diminuire i rischi si chiama prevenzione. La prevenzione si fa misurando costantemente la Pressione Arteriosa, monitorando la presenza di Fibrillazione Atriale e mantenendo uno stile di vita sano e salutare. Ben 8 ictus su 10 potrebbero essere evitati seguendo questi consigli. A dichiararlo è la Dottoressa Nicoletta Reale, Presidente di A.L.I.Ce. Italia ODV (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale).  In tal senso seguire una alimentazione bilanciata e sana come quella prevista dalla dieta mediterranea conta molto, visto che esistono cibi ad “azione protettiva” che andrebbero assunti con regolarità.

Quanto e cosa mangiare?

Da differenti studi emerge che se si incrementa l’introito di cibi fortemente consigliati in prevenzione come vegetali, alimenti ricchi di fibre o yogurt cala il rischio di ICTUS ischemico. Avere delle abitudini alimentari corrette previene una serie di malattie che potrebbero aggravarsi con il tempo.

Studi scientifici dimostrano come il consumo di olio d’oliva, frutta, verdura e pesce azzurro possa ridurre il rischio di ICTUS fino al 20%. In particolare, consumare agrumi, mele, pere e verdure a foglia contribuisce molto alla protezione. Per questo, gli esperti consigliano di consumare almeno 3 porzioni di vegetali al giorno.

In particolare, grazie al contributo del gruppo di lavoro della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), si è scoperto che una corretta alimentazione aiuterebbe a prevenire anche l’ICTUS.

In ogni caso ci sono dei piccoli accorgimenti quotidiani che, se inseriti e bilanciati in una dieta pensata ad hoc, possono contribuire alla prevenzione di ICTUS. Ad esempio:

  • Frutta e verdura sono tra gli alimenti più salutari. In questo senso, l’ESC (Società Europea di Cardiologia) raccomanda il consumo di almeno 400 grammi giornalieri di frutta e verdura.
  • Il pesce, soprattutto se azzurro è una fonte di omega-3 e vitamine del gruppo D e B. In generale, suggeriscono gli esperti, è consigliato portare in tavola salmone, pesce spada, pesce azzurro o trota almeno 2 volte alla settimana.
  • Il consumo di carni rosse e lavorate apporta un’alta percentuale di sodio, colesterolo e grassi saturi che concorrono ad aumentare il rischio di ICTUS, è consigliabile limitarne l’assunzione.
  • La frutta secca, se consumata regolarmente in quantità minima, è molto salutare.
  • Grazie al contenuto di fibre, vitamine e minerali i cereali integrali attivano un significativo contributo alla prevenzione di ICTUS. L’ESC consiglia un quantitativo di fibre alimentari variabile tra i 30 e i 45 grammi al giorno.
  • Anche un alto consumo di olio di oliva extravergine, che rientra tra le caratteristiche principali della dieta mediterranea, viene considerato come uno degli elementi che contribuisce maggiormente a proteggere il sistema cardiovascolare. Al contrario, bisognerebbe limitare il consumo di grassi e condimenti di origine animale.
  • Il consumo moderato di cioccolato fondente è ottimo per la prevenzione dell’ICTUS grazie alla presenza di flavonoidi.
  • Latte e latticini vengono associati a una minore incidenza di ICTUS grazie all’apporto di calcio, magnesio e potassio.
  • Tra le bevande che si dovrebbero e/o potrebbero consumare con moderazione troviamo caffè e tè. Sono invece sconsigliati, invece, alcol e bevande zuccherate. Ad esempio 1 bicchiere di vino al giorno rappresenta la dose massima.
  • Tra gli alimenti da ridurre, naturalmente compare il sale, per il quale non dovrebbero essere superati i 5 g al giorno e sarebbe preferibile evitare fast food così come tutto ciò che è lavorato industrialmente (i cosiddetti cibi spazzatura).
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LO STILE DI VITA SANO PER PREVENIRE LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI

A cura di
Dott. Giuliano Ermini
Presidente provinciale a Bologna della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG). Ha portato avanti più di 20 pubblicazioni a stampa in tema di prevenzione cardiovascolare, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco e gastroenterologia.


Uno stile di vita salutare è alla base della prevenzione delle malattie cardiovascolari. Fra queste malattie, l’ICTUS cerebrale è una delle più gravi sia per la morte sia per gli esiti invalidanti che può determinare; tutti conoscono la paralisi parziale o totale di un lato del corpo causata da questo evento. 

Una dieta appropriata, la sospensione del fumo di sigarette ed un’attività fisica adeguata costituiscono i pilastri di questo stile di vita salutare.

PRINCIPI GENERALI DI UNA SANA ALIMENTAZIONE

Considerando la dieta, va anzitutto detto che questa si deve valutare sia dal punto di vista quantitativo (le calorie da assumere giornalmente), che qualitativo (i tipi di alimenti da consumare).

Un adeguato apporto calorico dovrebbe mantenere il nostro peso corporeo entro i limiti definiti normali in base alla nostra altezza; per definire questa normalità si usa l’Indice di Massa Corporea (IMC o BMI all’inglese, di uso più frequente) che viene calcolato dividendo il peso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza in metri.

E’ importante per la nostra salute mantenere un BMI entro i limiti della norma, che vanno da 20 a 24,9.  Una persona obesa o sovrappeso è più a rischio di malattie cardiovascolari e potrebbe avere più problemi dell’apparato respiratorio e di quello locomotore, senza dimenticare che molti tumori sono più frequenti nelle persone obese.

Anche il diabete (una delle malattie più a rischio di gravi eventi cardiovascolari) è più frequente nelle persone sovrappeso/obese, tanto che il rischio di contrarre questa malattia è 6-7 volte maggiore in chi ha un BMI maggiore di 30 rispetto a chi l’ha minore di 25.

Uno studio olandese ha calcolato che una persona di 40 anni, che non fuma né ha mai fumato, con un BMI maggiore di 25 ha un’aspettativa di vita ridotta di 3 anni e di 6 anni se il BMI è superiore a 30.

Oggi tutti sanno che una quota elevata e persistente di colesterolo, trigliceridi o glucosio nel sangue determina di solito malattie di cuore e di arterie, come ormai è risaputo che l’uso eccessivo di sodio contenuto nel sale da cucina (cloruro di sodio) e in molti conservanti può determinare aumento della Pressione Arteriosa e di conseguenza questo tipo di malattie, l’ICTUS in particolare.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità un consumo quotidiano salutare di sale non dovrebbe superare i 5 grammi (un cucchiaino da tè), mentre uno studio eseguito alcuni anni fa dall’Istituto Superiore di Sanità nelle varie regioni italiane ha trovato che solo il 4% degli uomini ed il 13% delle donne consumano questa quantità; la media quotidiana negli uomini è di 11 grammi e quella delle donne 9 grammi, differenza determinata dal fatto che di solito le donne mangiano meno degli uomini. 

Gli interventi per ridurre l’apporto di sale sono diversi, ad esempio: evitare di aggiungerlo nel condire la verdura (usando come insaporenti limone e spezie varie), cucinare gli alimenti senza sale ed aggiungerlo ad alimento cotto, evitare i cibi preconfezionati (di solito ricchi di sodio come conservante), preferire il pane insipido e limitare i prodotti da forno (grissini, cracker…)

Anche l’assunzione di bevande alcoliche ha un ruolo importante nel prevenire le malattie cardiovascolari.  Se l’ingestione di quantità modiche (corrispondenti ad un bicchiere di vino a pasto, meglio se rosso perché più ricco di sostanze antiossidanti) si può considerare utile soprattutto nella prevenzione dell’infarto cardiaco, dosi maggiori comportano un rischio più alto di ICTUS, soprattutto se assunte in breve tempo.

Una alimentazione qualitativamente salutare prevede l’assunzione di carboidrati (sinonimi glucidi o zuccheri), proteine e lipidi (sinonimo grassi) in proporzioni adeguate; questo significa assumere il 55-60% delle calorie del fabbisogno giornaliero sotto forma di carboidrati, il 25-30% sotto forma di grassi e il 15% sotto forma di proteine. Rientra anche fra i principi generali della sana alimentazione assumere abitualmente verdura e frutta, almeno nella quantità di 5 porzioni al giorno, il cui consumo assicura un adeguato apporto di vitamine, sali minerali ed acqua con una bassa quantità di calorie.

Una scelta corretta dei vari componenti di queste sostanze nutrienti gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.

CARBOIDRATI

I carboidrati si dividono in semplici e complessi; i primi sono essenzialmente il saccarosio (lo zucchero di uso quotidiano) che viene usato per dolci e bevande zuccherate.                        

I carboidrati che dovremmo sempre preferire nella dieta quotidiana sono i carboidrati complessi, così detti perchè costituiti dall’unione di più molecole di uno stesso zucchero o di zuccheri diversi. I carboidrati complessi sono meno facilmente assorbibili e di conseguenza assunti più lentamente dal nostro apparato digerente; questo fa in modo che non si abbia in circolo quell’innalzamento veloce della quota di glucosio (glicemia) per contrastare la quale l’organismo mette in atto reazioni complicate che a lungo andare danneggiano le nostre arterie.

L’amido o meglio gli amidi, perché sono di tipo diverso nei vari cereali e nelle patate, sono i carboidrati complessi che ingeriamo più comunemente con la dieta, assieme alla cellulosa; quest’ultima costituisce la quota più importante delle fibre alimentari, contenute soprattutto nelle verdure e nei cereali non raffinati (contenenti crusca) ed è importante perché ha una bassa quota calorica, determina un senso di “stomaco pieno”, non viene assorbita dall’intestino favorendone lo svuotamento ed assorbendo acqua ed altri nutrienti come gli zuccheri semplici ne diminuisce la quota assunta.

LIPIDI

I grassi o lipidi giocano un ruolo molto importante nel determinare le malattie cardiovascolari. Tutti ormai sanno che il deposito di questi grassi negli strati più interni delle nostre arterie può determinare restringimenti (stenosi) tali da aumentare il rischio di infarto e il rischio di ICTUS. Anche i lipidi che ingeriamo normalmente con i cibi si dividono essenzialmente in due grandi gruppi: i lipidi costituiti da acidi grassi saturi e quelli costituiti da acidi grassi insaturi. I grassi saturi sono essenzialmente nei grassi animali (es. burro), quelli insaturi sono nei grassi vegetali (olii, ma non in tutti – vedi tabella) e nel pesce.

 Il colesterolo LDL ematico, che è il maggior responsabile degli eventi patologici accennati sopra, è determinato da predisposizione genetica e dall’assunzione di cibi ricchi in acidi grassi saturi.

Se non si può incidere sulla quota di colesterolo causato da cause genetiche, se non con farmaci adeguati, lo si può invece fare sulla quota determinata dall’alimentazione, ingerendo soprattutto grassi insaturi e quindi preferendo al burro l’uso dell’olio e cercando di consumare pesce più volte alla settimana, meglio se pesce azzurro che ne contiene una quota maggiore.                                               

La tabella illustra molto schematicamente dove sono presenti i vari tipi di grassi.

Un accenno anche agli alimenti ricchi di colesterolo (uova, molluschi, crostacei): sono erroneamente ‘demonizzati’, perché il colesterolo assunto tramite questi cibi, che contengono pochi grassi saturi, non diventa il colesterolo circolante nei nostri vasi sanguigni.

PROTEINE

L’assunzione della percentuale proteica nell’alimentazione corretta, prevede la preferenza delle proteine di origine vegetale rispetto a quelle di origine animale. Una riduzione della percentuale di proteine nell’alimentazione è doveroso in caso di insufficienza renale, se la funzionalità renale e normale o solo lievemente ridotta è bene assumere una quota percentualmente normale di proteine per evitare la perdita della massa muscolare o sarcopenia (inevitabile comunque nell’invecchiamento) e le conseguenze ad essa correlate (cadute, disabilità, riduzione della qualità e della quantità della vita).

LA DIETA MEDITERRANEA

Quanto scritto finora può essere compendiato nella famosa dieta mediterranea, chiamata così perché inizialmente studiata nelle popolazioni di Italia centro-meridionale, Grecia e Spagna ed ispirata alla loro alimentazione. In questi paesi è (o era almeno fino ai primi anni sessanta del secolo scorso) più alta l’aspettativa di vita e minore la frequenza di malattie ischemiche di cuore e cervello rispetto alle altre regioni occidentali.

Essenzialmente la dieta mediterranea prevede abbondanti alimenti di origine vegetale (verdura e frutta di stagione, pane, pasta e cereali soprattutto integrali, legumi, noci, semi) con olio di oliva come principale fonte di grassi; formaggi e yogurt giornalieri in modesta quantità; dolci da zuccheri semplici o miele, uova, pollame e pesce qualche volta alla settimana; carni rosse qualche volta al mese; vino in quantità moderata consumato durante i pasti.

CAFFE’

Ultima considerazione riguardo al caffè, i cui effetti sono piuttosto dibattuti soprattutto in ambito non scientifico. Il caffè è uno degli alimenti più ricchi di sostanze antiossidanti naturali e di potassio e magnesio che hanno effetti benefici sul nostro organismo ed condiviso ormai da tutti gli studi sull’argomento che l’assunzione quotidiana fino a 4 tazzine di caffè non aumenta il rischio di malattie cardiovascolari ed in particolare di aritmie o di Fibrillazione Atriale, quest’ultima così importante come causa di ICTUS.                                                    

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LO SPORT FA BENE AL CUORE

Combattere la sedentarietà riduce il rischio cardiovascolare e non è mai troppo tardi per iniziare a fare attività fisica e proteggere il proprio cuore! L’attività fisica è da sempre considerata un elemento essenziale per mantenersi o restare in salute.

In uno studio pubblicato sulla rivista Heart, condotto dall’Università di Ulm e Hiedelberg in Germania, sono stati intervistati 312 soggetti con problemi cardiovascolari e 479 sani tra i 40 e i 68 anni chiedendo a tutti di descrivere, attraverso un questionario, la quantità e il tipo di attività fisica svolta fino a quel momento.

Lo studio mostrava una riduzione fino al 60% del rischio cardiovascolare per coloro che avevano fatto regolare attività fisica rispetto agli altri. Un altro aspetto emerso è che anche se tra i 20 e i 30 anni non si è fatta alcuna attività sportiva e si è ceduto un po’ alla pigrizia, iniziare a muoversi e ad essere più attivi anche dopo i 40 anni sembra essere altrettanto efficace. Le persone che hanno iniziato a fare attività sportiva intorno ai 40 anni, infatti, vedevano ridurre del 55% il proprio rischio cardiovascolare.

Un’attività fisica condotta con moderazione ma con regolarità permette all’organismo di mantenersi sano ed efficiente più a lungo, ritardando la degenerazione dei muscoli, delle articolazioni e delle strutture organiche. È scientificamente dimostrato che lo sport e l’attività fisica apportino benefici per tutto il corpo:

  • muscoli ed articolazioni si rafforzano, con miglioramenti anche nella postura e nella resistenza alla fatica quotidiana;
  • il metabolismo si ottimizza: migliora il rapporto tra massa grassa e massa magra del corpo, viene regolato lo stimolo della fame e si riequilibrano i parametri ematochimici;
  • aumenta la capacità e l’elasticità dell’apparato respiratorio, anche a riposo, per la maggiore richiesta di ossigenazione durante l’esercizio fisico
  • migliora la capacità contrattile del cuore e la sua irrorazione coronarica: a riposo, uno sportivo ha un battito cardiaco di frequenza inferiore rispetto ad una persona sedentaria, ed è meno soggetto a sbalzi di pressione; inoltre, il suo sistema circolatorio è più elastico ed ha un migliore ritorno venoso, dovuto alla maggiore efficienza della muscolatura.

L’esercizio fisico quindi contribuisce a diminuire il rischio di condizioni tipiche della vita sedentaria: l’obesità, il diabete, l’Ipertensione Arteriosa, e tutte le patologie legate al sistema cardiocircolatorio, tra cui l’infarto, una delle cause di morte più diffuse nel mondo.

QUAL È LA FREQUENZA SETTIMANALE CONSIGLIATA?

Fare attività fisica è consigliato a tutte le età, a seconda delle proprie caratteristiche e condizioni fisiche. Per ottenere buoni risultati nel miglioramento del proprio benessere cardiocircolatorio è necessario fare almeno o un’ora tutti i giorni di attività fisica come camminare a passo veloce, oppure fare sport almeno 2-3 volte a settimana per stimolare l’organismo a mettere in moto tutti i meccanismi necessari a garantire il miglioramento del funzionamento dell’apparato cardiocircolatorio e quindi del cuore.

Certo, non ci si può inventare atleti da un giorno all’altro, né tutti hanno a disposizione il tempo e le energie necessarie per potersi dedicare con molto impegno ad un’attività sportiva; d’altronde, per chi non ha mai praticato sport, è necessario “partire per gradi”, senza affaticare il cuore, i muscoli e la colonna vertebrale con esercizi eccessivi o prolungati, cosa assolutamente controproducente.

La vita moderna ci ha abituato ad una serie di comodità (l’automobile, l’ascensore, la metropolitana …) che hanno sottratto alle persone l’occasione di fare anche solo un po’ di movimento fisico: qualche rampa di scale o un breve tratto di strada fatto a piedi sono un toccasana per il corpo!

Praticare sport, infatti, allevia la tensione accumulata in tutto il giorno, porta benessere a tutto l’organismo e, dopo lo sforzo, induce una piacevole sensazione di rilassatezza, che ha benefici sull’umore, sulla vita sociale e sul riposo notturno.

MA QUALI SONO GLI SPORT DA PREFERIRE?

Lo sport è amico del cuore. La sedentarietà, infatti, è uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, mentre, al contrario, svolgere una regolare attività sportiva permette di allenare e mantenere giovani cuore e vasi sanguigni.

In generale le attività anaerobiche (senza produzione di ossigeno) stressano l’apparato cardiovascolare, ma contribuiscono a bruciare grassi e a diminuire la quantità di colesterolo LDL nel sangue; gli sport aerobici (con produzione di ossigeno) come il nuoto o il ciclismo allenano il cuore, migliorandone l’efficienza e la resistenza.

La tipologia di attività da preferire per il miglioramento del funzionamento del cuore è quella aerobica (per esempio nuoto, corsa). Svolgere attività come il sollevamento pesi, è meno indicato in quanto è un tipo di lavoro che si svolge in cosiddetta “assenza di ossigeno”, e quindi produce solo un aumento della massa muscolare con un aumento importante della pressione arteriosa che si riflette sul cuore. Altre attività invece, come alpinismo, sport subacquei, ecc… hanno un rischio intrinseco riconducibile all’ambiente sfavorevole in cui vengono svolti e devono essere praticati in sicurezza e in un ottimo stato psicofisico.

Un’attività fisica sana, regolare e senza sforzi aumenta il colesterolo buono (HDL), diminuisce quello cattivo (LDL), abbassa la pressione arteriosa e i livelli di glicemia ma, soprattutto, riduce il rischio di aritmie minacciose e di morti improvvise. Le conseguenze che l’attività fisica apporta all’apparato cardiovascolare sono difficilmente schematizzabili perché ciascuno sport procura un impegno cardiaco diverso. E’ per questo importante stabilire l’applicazione di un programma di allenamento ad hoc.

LO SPORT ED IL RISCHIO CARDIOVASCOLARE

Tra i fattori di rischio per le malattie cardiache oltre al fumo, l’ipercolesterolemia e l’ipertensione arteriosa è stata recentemente inserita la sedentarietà o mancata attività fisica. Questo perché si ritiene che l’attività fisica svolta da soggetti sedentari per una durata di 30 minuti quotidiani, riduce i rischi di cancro dell’intestino e del colon, di osteoporosi, ipertensione arteriosa, depressione, ansietà e stress.

È inoltre doveroso precisare che, quando si parla di attività fisica, non ci si riferisce esclusivamente agli esercizi aerobici come il jogging, il footing, il ciclismo, il nuoto, ma anche ad altre attività che si effettuano quotidianamente quali salire le scale, parcheggiare l’auto lontano e camminare a piedi, il giardinaggio

I benefici che l’esercizio fisico procura si possono così sintetizzare:

  • diminuzione della pressione arteriosa media
  • diminuzione del colesterolo totale ed LDL (colesterolo cattivo)
  • diminuzione dei rischi di lesioni ortopediche
  • diminuzione del grasso corporeo
  • miglioramento dell’efficienza di cuore e polmoni
  • controllo e prevenzione dello sviluppo di diabete
  • aumento del colesterolo buono (HDL)
  • aumento dei livelli energetici
  • aumento della tolleranza allo stress ed alla depressione

SAPEVI CHE….

Nel caso in cui il paziente sia stato sottoposto a intervento chirurgico esiste una particolare ginnastica, chiamata “calistenica”, che consiste in una serie di esercizi dolci da far eseguire dopo la seconda settimana dall’infarto e dopo la terza dall’operazione, in modo da evitare un secondo infarto ed un peggioramento della malattia ischemica di fondo.

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QUANTO INCIDE LO STRESS SULLA PRESSIONE ALTA?

Ormai lo stress è diventato parte della quotidianità di tutti. Numerose ricerche al riguardo svolte negli anni hanno evidenziato la vita frenetica, il lavoro, la disoccupazione, i salari bassi, l’incertezza per il futuro e la necessità di trovare tempo per sé stessi e per i propri interessi generano un aumento di ansia che alla lunga sfocia in uno stato cronico di stress mentale ed emotivo. Se la situazione stressante si protrae eccessivamente nel tempo e con essa anche la reazione psicofisiologica allo stress, si attivano dei meccanismi compensatori che producono alterazioni stabili dei sistemi fisiologici coinvolti (cardiovascolare, respiratorio, muscolare, ghiandolare, ecc.); tali alterazioni a loro volta, negli individui predisposti, spesso producono varie patologie come le cefalee, i dolori muscolari, la sindrome del colon irritabile e l’Ipertensione. E’ emerso che vi è una correlazione tra stress cronico e l’Ipertensione, uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale con oltre 1 miliardo di soggetti colpiti e 7,5 milioni di decessi all’anno.

La maggior parte delle persone non si accorge di avere la Pressione alta, perché il disturbo inizialmente può non dare particolari sintomi. Eppure l’elevata Pressione Arteriosa rappresenta il primo fattore di rischio per ICTUS e attacchi cardiaci. Per cercare di prevenire o ridurre lo stress è importante cambiare il proprio stile di vita: dieta equilibrata, attività fisica e monitoraggio costante della Pressione Arteriosa. A tal proposito un grande aiuto viene dai nuovi dispositivi tecnologici presenti sul mercato, leggeri, maneggevoli, semplici da utilizzare, ma soprattutto affidabili e precisi nei risultati. Microlife, leader nel settore dei misuratori di Pressione, ad esempio, propone AFIB ADVANCED EASY, il dispositivo pluri validato scientificamente che dispone della tecnologia MAM, 3 misurazioni con 1 click, e rileva la Fibrillazione Atriale con la tecnologia brevettata AFIB Advanced.

QUAL E’ IL METODO E IL MOMENTO PIÙ ADATTO PER MISURARE LA PRESSIONE?

Innanzitutto per controllare la Pressione Arteriosa ed accertarsi se si soffre o meno di Ipertensione Arteriosa bisogna effettuare un periodo di monitoraggio come consigliato dal medico.

È inoltre fondamentale sapere come misurare la Pressione Arteriosa in modo corretto, perché il risultato deve essere “giusto” e, quindi, utilizzabile dal medico per un’eventuale diagnosi.

Prima della misurazione è importante stare a riposo per almeno cinque minuti. E’ meglio effettuare ogni volta almeno due misurazioni successive (la mattina e la sera) e fare la media delle misurazioni. Per evitare costrizioni, non indossare indumenti troppo aderenti e che possano costringere la vita e il braccio e non arrotolare le maniche della camicia che normalmente non interferiscono con il bracciale anche se questo viene indossato sopra. Evitare di misurare la Pressione se siete troppo affamati o se dovete andare in bagno, evitate le misurazioni dopo il caffè e le sigarette. E’ importante precisare che soprattutto per chi soffre di Ipertensione è bene iniziare a smettere di fumare e a bere troppi caffè. La nicotina ha un effetto dannoso sulla Pressione Arteriosa perché riduce l’apporto di ossigeno alle nostre cellule, accelera il battito cardiaco e restringe i vasi sanguigni. Sempre affinché la misurazione avvenga in modo corretto è necessario stare seduti comodamente e ben appoggiati allo schienale; non incrociare in alcun modo le gambe o i piedi; appoggiare il braccio sul tavolo facendo attenzione che sia all’altezza del cuore; effettuare la misurazione della Pressione sempre sullo stesso braccio (in genere il sinistro).

È consigliabile che il medico effettui alla prima visita una doppia misurazione a entrambe le braccia per determinare dove misurare la Pressione successivamente. Dopodiché è importante che le misurazioni avvengano nel braccio con la Pressione più alta: indossare il bracciale correttamente intorno al braccio (come indicato nel manuale d’uso del dispositivo) facendo attenzione che questo sia della dimensione adeguata; stringere il bracciale, ma non troppo; assicurarsi che il bracciale sia posizionato 2 cm sopra il gomito. L’indicatore dell’arteria, normalmente riportato sul bracciale, deve essere posizionato sopra l’arteria che corre lungo il lato interno del braccio. Durante la misurazione non muoversi, rilassare i muscoli del braccio, respirare normalmente e non parlare; misurare una prima volta la Pressione dopo aver appoggiato il braccio al tavolo da almeno 1 minuto; effettuare almeno una seconda misurazione, tre sarebbero meglio, con una pausa non inferiore ai 15 secondi tra una misurazione e l’altra; se l’apparecchio non memorizza le misurazioni o viene utilizzato da più persone in famiglia, annotare subito i risultati ad esempio sulla specifica Agenda della SIIA (Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa).

PRESSIONE MINIMA ALTA: COSA FARE?

In caso di Pressione alta o Ipertensione si hanno forti sollecitazioni ai vasi sanguigni, che a lungo andare rischiano di rompersi generando un ICTUS oppure il cuore può andare in sofferenza a causa di sforzi eccessivi e si ha un infarto.

Con un valore di 140/80 mmHg andrà preso come riferimento il valore più elevato della Sistolica (140 mmHg) che indicherà una “Pressione Arteriosa alta” (135-160 mmHg).

Analogamente con un valore di 130/90 mmHg andrà preso come riferimento il valore della Diastolica (90 mmHg) che indicherà una “Pressione Arteriosa alta” (85-100mmHg).

In caso di valori sopra indicati innanzitutto bisogna rivolgersi al proprio medico di famiglia che eventualmente sottoporrà ad una terapia farmacologica con farmaci in grado di ripristinare la Pressione arteriosa ottimale. Essendo le cause dell’Ipertensione varie e disparate, non sempre la terapia scelta in prima istanza dal medico si rivela veramente efficace, ma il medico potrà cambiare diverse volte il regime terapeutico prima di giungere a quello definitivo ed efficace per la propria situazione.

Ovviamente, come precedentemente anticipato anche una dieta equilibrata può aiutare sia a prevenire sia a migliorare la condizione delle persone Ipertese. Per questo motivo è fondamentale bere molta acqua, prediligere una dieta povera di sodio, limitando il consumo di sale, cibi insaccati, inscatolati, cibi pronti, salse. Mentre sono molto indicate fonti alimentari di potassio come banane, mele, arance, asparagi, cavoli, cipolle, aglio, prezzemolo, sedano…

Oltre a una dieta equilibrata è fortemente consigliata l’attività fisica. Sarebbe sufficiente perdere il 10% del peso corporeo per ottenere, nel soggetto iperteso, un abbassamento di 10 mm/Hg della Pressione Arteriosa.  Devono essere privilegiate le attività aerobiche, cioè di resistenza, come la corsa, la camminata veloce, il ciclismo, il nuoto; vanno invece assolutamente evitate quelle di potenza, come il sollevamento pesi, e comunque tutte le discipline in cui il meccanismo lattacido è preponderante. 3-4 volte la settimana costituisce la frequenza ottimale per fare attività fisica, anche per consentire all’apparato cardiovascolare di mettere in atto quegli adattamenti che potrebbero evitare il ricorso ai farmaci, e che in ogni caso agiscono in perfetta sincronia con essi.

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Microlife, IL PRIMO ALGORITMO VALIDATO PER RILEVARE LA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Microlife Watch BP Office ha ottenuto la validazione scientifica, secondo gli standard internazionali AAMI/EHS/ISO (ISO 81060-2:2018) per la misurazione della Pressione Arteriosa in pazienti con Fibrillazione Atriale.

È la prima volta che un dispositivo automatico per la misurazione della Pressione Arteriosa, Microlife Watch BP Office, supera il protocollo di validazione sull’accuratezza della misurazione della Pressione Sistolica e Diastolica in pazienti con Fibrillazione Atriale!

Questo incredibile risultato è stato possibile grazie all’eccellenza di Microlife che per prima nel 2010 ha sviluppato un algoritmo per la rilevazione della Fibrillazione Atriale, validato in 13 pubblicazioni scientifiche internazionali.

Oltre 10 anni di ricerca hanno permesso di progettare un nuovo algoritmo che in caso di rilevazione della Fibrillazione Atriale sia in grado di misurare correttamente la Pressione anche in caso di battito irregolare o caotico.

Questa rivoluzione diagnostica è stata documentata in un recente studio Automated blood pressure measurement in atrial fibrillation: validation process modification and evaluation of a novel professional device which detects atrial fibrillation and adapts its blood pressure measurement algorithm svolto dall’ Hypertension Center STRIDE-7 dell’Università di Atene e pubblicato sull’autorevole Journal of Hypertension.

Lo scopo di questo studio era quello di:

  • documentare l’imprecisione dei misuratori della Pressione automatici nella misurazione della Pressione Arteriosa in pazienti con Fibrillazione Atriale che hanno notoriamente una elevata variabilità,
  • valutare l’accuratezza del dispositivo oscillometrico professionale Microlife Watch BP Office dotato di un algoritmo per il rilevamento della Fibrillazione Atriale (AFIB) e un nuovo algoritmo specifico, che si attiva solo quando viene rilevata la Fibrillazione Atriale, in grado di misurazione la Pressione Arteriosa anche in soggetti Fibrillanti.  

I CONTENUTI DELLO STUDIO

PREMESSA

La Fibrillazione Atriale e l’Ipertensione Arteriosa spesso coesistono, in particolare negli anziani, e moltiplicano il rischio di ICTUS, disabilità cronica e morte.

Le attuali Linee Guida raccomandano la misurazione della Pressione Arteriosa nei pazienti con Fibrillazione Atriale utilizzando il metodo auscultatorio, sempre con almeno 3 misurazioni consecutive.

I dispositivi elettronici automatici sono considerati inaccurati e sconsigliati per la misurazione della Pressione Arteriosa nei pazienti con Fibrillazione Atriale.

Questa evidenza è stata documentata in diversi studi pubblicati che hanno confermato l’accuratezza in soggetti con ritmo sinusale ma non in presenza di Fibrillazione Atriale.

E’ stata inoltre rilevata la grande eterogeneità di questi studi per quanto riguardava la procedura di validazione, il metodo di misurazione della Pressione Arteriosa, la dimensione del campione, la tipologia dei dispositivi di riferimento, ecc..

Questa eterogeneità è dovuta alla mancanza di un protocollo scientifico accettato per la validazione dei misuratori automatici della Pressione Arteriosa nei pazienti con Fibrillazione Atriale.

In letteratura scientifica la validazione dell’accuratezza di un misuratore automatico della Pressione Arteriosa in pazienti con Fibrillazione Atriale è considerata la condizione più difficile.

METODI

Per superare le problematiche di validazione, in pazienti difficili, è stato recentemente approvato dalle associazioni AAMI / ESH / ISO (ISO 810600-2:2018) un nuovo protocollo universale di validazione che stabilisce standard rigidi e rigorosi. Lo studio di validazione di Microlife Watch BP Office è stato eseguito in conformità a questo protocollo.    

CARATTERISTICHE DEL DISPOSITIVO Microlife Watch BP Office

Microlife WatchBP Office è un misuratore oscillometrico professionale per lo screening cardiovascolare e la misurazione a doppio braccio (IAD), che ha un algoritmo incorporato per il rilevamento della Fibrillazione Atriale durante la misurazione automatica della Pressione Arteriosa.

L’accuratezza del dispositivo Microlife WatchBP Office nella misurazione della Pressione Arteriosa in pazienti con Fibrillazione Atriale era stata precedentemente documentata attraverso uno studio per la validazione della rilevazione della Fibrillazione Atriale che dimostrava l’accuratezza del dispositivo nella rilevazione della Pressione Sistolica (1) e un altro studio clinico che evidenziava come la triplice misurazione di Microlife (tecnologia MAM) poteva essere utilizzata nella pratica clinica per pazienti con Fibrillazione Atriale (2).

 Questo nuovo studio ha valutato una versione aggiornata del dispositivo Microlife WatchBP Office dotato di un (secondo) algoritmo aggiuntivo per la misurazione della Pressione Arteriosa, che viene attivato solo quando il dispositivo rileva automaticamente la Fibrillazione Atriale durante la misurazione della Pressione Arteriosa.

PARTECIPANTI ALLO STUDIO

Sono stati reclutati 35 pazienti con Fibrillazione Atriale. I pazienti venivano inclusi solo se erano emodinamicamente stabili e avevano una Fibrillazione Atriale persistente o permanente, confermata da un ECG recente e un’aritmia sostenuta durante tutte le misurazioni della Pressione Arteriosa auscultatoria di riferimento come richiesto nel protocollo di validazione. Alcuni pazienti sono stati sottoposti al monitoraggio con Holter ECG per 15 minuti immediatamente prima della sessione di validazione.

Lo studio ha seguito rigorosamente gli standard del protocollo universale ISO (ISO 810600-2:2018) per i pazienti difficili, in base al quale i 35 soggetti con dati completi, vengono richiesti senza criteri specifici per sesso, dimensione del braccio / bracciale o livello di Pressione Arteriosa di riferimento.

CONSIDERAZIONI

Due metanalisi degli studi hanno valutano l’accuratezza diagnostica dell’algoritmo Microlife (AFIB) per la rilevazione della Fibrillazione Atriale ed hanno dimostrato una sensibilità del 95%, specificità al 94% e accuratezza al 94%.

Per questi eccellenti risultati il NICE (National Institute for Health and Care Excellence del Regno Unito) raccomanda il misuratore della Pressione Arteriosa Microlife con tecnologia AFIB per la rilevazione della Fibrillazione Atriale.

Grazie all’algoritmo AFIB di Microlife oggi è possibile misurare accuratamente, con un algoritmo specifico la Pressione Arteriosa in presenza di questa aritmia. Questa soluzione stimolante e affidabile per la pratica clinica offre la possibilità di misurare accuratamente la Pressione, anche a livello domiciliare, in una vastissima fascia della popolazione italiana (oltre 1.300.000 di persone sono affette da Fibrillazione Atriale).

Per ottenere questa validazione è stata necessaria la sinergia tra 2 algoritmi, unici e brevettati di Microlife dimostrandosi ancora una volta all’avanguardia nella ricerca e nell’innovazione per la salute delle persone.

Bibliografia

https://journals.lww.com/jhypertension/Citation/2021/04000/Automated_blood_pressure_measurement_in_atrial.6.aspxù

1. Stergiou GS, Destounis A, Kollias A, et al. ACCURACY OF AUTOMATED OSCILLOMETRIC BLOOD PRESSURE MEASUREMENT IN PATIENTS WITH ATRIAL FIBRILLATION: 1A.04. Journal of hypertension. 2011;29:e2.

2. Halfon M, Wuerzner G, Marques-Vidal P, et al. Use of oscillometric devices in atrial fibrillation: a comparison of three devices and invasive blood pressure measurement. Blood pressure. 2017:1-8.

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SINDROME METABOLICA: COS’E’, SINTOMI E PREVENZIONE

COS’E’ LA SINDROME METABOLICA E QUALI SONO I SINTOMI

La Sindrome Metabolica è una condizione caratterizzata dalla contemporanea associazione di diversi fattori di rischio metabolico in uno stesso paziente. Per poter parlare di Sindrome Metabolica devono essere presenti contemporaneamente almeno tre dei seguenti fattori di rischio:

  • Indice di massa grassa è maggiore di 30
  • Ipertensione Arteriosa, pressione arteriosa maggiore o uguale di 140/90 mmHg
  • Colesterolo HDL inferiore a 40 mg/dl nell’uomo o a 50 mg/dl nelle donne
  • Glicemia a digiuno superiore a 110 mg/dl
  • Trigliceridi ematici superiori a 150 mg/dl

Poiché ognuna di queste condizioni, considerate singolarmente, è un fattore di rischio riconosciuto per cuore e vasi sanguigni, la loro combinazione aumenta in modo significativo la probabilità di essere colpiti da problemi cardiaci, ICTUS e altri disturbi vascolari.

La causa scatenante sembra essere quella che viene indicata come insulino-resistenza, cioè la resistenza delle cellule all’insulina. Questo spiega come mai la cosiddetta Sindrome Metabolica corrisponde ad un quadro clinico complesso, determinato dalla presenza simultanea di due o più fattori metabolici la cui combinazione ne aumenta in modo significativo il rischio; infatti emerge che 1 persona su 4 che soffre di Sindrome Metabolica, è a rischio di cardiopatie, di ICTUS ed altre patologie vascolari.. Si stima che in Italia la Sindrome Metabolica colpisca circa tra il 20-25% della popolazione e che interessi quasi la metà degli adulti al di sopra dei 50-60 anni.

Oggi lo sviluppo della sindrome da insulino-resistenza sembra sia attribuibile da un lato all’interazione di fattori genetici, dall’altro all’inattività fisica, a una dieta ad alto contenuto di carboidrati, ad un abuso di alcol e fumo.
Il fattore di rischio più importante è infatti il sovrappeso: ci sono maggiori probabilità di essere colpiti dalla Sindrome Metabolica maggiore è il peso.

COME PREVENIRE LA SINDROME METABOLICA

Non esiste una terapia vera e propria per la Sindrome Metabolica, è per questo che la migliore arma di prevenzione della Sindrome Metabolica è l’adozione di uno stile di vita sano, basato sul mantenimento del peso forma, la pratica regolare di un’attività fisica quotidiana, una dieta equilibrata, un moderato consumo di alcol ed astensione dal fumo che consenta di tenere sotto controllo la Pressione Arteriosa.

Il punto di partenza fondamentale per evitare e prevenire la Sindrome Metabolica è il mantenimento di uno stile di vita e abitudini alimentari sani. Tutte le condizioni che portano alla Sindrome Metabolica trovano beneficio dal calo di peso, mantenuto costante nel tempo, ottenuto tramite controllo calorico ed attività fisica che saranno fondamentali per diminuire la massa grassa e abbassare la Pressione Arteriosa.

Per contrastare la Sindrome Metabolica e per controllare l’aumento di peso sono fondamentali l’attività fisica aerobica e la dieta ipocalorica mentre il fumo, una dieta ricca di carboidrati, l’alcol, le bevande ad alto contenuto di zucchero sono assolutamente da evitare.

1. Esercizio fisico e alimentazione

Combattere la sedentarietà è possibile anche attraverso gesti e accortezze quotidiane. E’ importante aumentare l’esercizio fisico quotidiano come salire le scale, parcheggiare l’auto lontano, scendere a una o due fermate prima se si utilizzano i mezzi pubblici, utilizzare la bicicletta, camminare a ritmo sostenuto, svolgere attività domestiche che implicano movimento. Durante il lavoro, fare piccole soste ogni 20-30 minuti alzandosi dalla sedia e muovendosi per qualche minuto. Le attività più indicate sono passeggiate, jogging, bicicletta, camminate in acqua, trekking leggero per circa 30-45 minuti al giorno.

Per quanto riguarda l’alimentazione è importante mangiare solo il necessario, riconoscendo la fame nervosa. La dieta iniziale deve essere mirata al proprio fabbisogno energetico, con una riduzione iniziale di 300-500 calorie giornaliere che può arrivare a 1000 categorie per l’Obesità grave con Indice di Massa Corporea peso/altezza superiore a 35 kg/m2).

Per il raggiungimento e il mantenimento di una condizione metabolica ottimale è fondamentale ridurre il consumo di sodio, aumentare l’apporto di frutta e verdura (4-5 porzioni al giorno), ridurre la quantità di grassi alimentari, soprattutto saturi (quelli contenuti nella carne rossa, nel burro e nei formaggi grassi). Bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno, condire le pietanze con olio extravergine d’oliva, mangiare 2-3 noci tutti i giorni.

2. Pesarsi una volta a settimana, conoscere il proprio BMI e non solo!

Dimagrire significa portare l’Indice di Massa Corporea (il rapporto tra il peso, in Kg, e il quadrato dell’altezza, espressa in m) sotto 25. Ma non solo!

Attraverso l’utilizzo di bilance idonee e specifiche per monitoraggio della composizione corporea si è in grado di stimare il proprio stato di salute.

Grasso corporeo

La massa grassa complessiva del corpo viene calcolata sommando il grasso essenziale (primario) al grasso di deposito (riserva). Il grasso essenziale è necessario per il metabolismo e parte del grasso di deposito, che in teoria è in eccedenza, è necessario a chi pratica attività fisica.

Per gli uomini la percentuale di grasso corporeo corretta è compresa tra 17-26%, mentre per le donne tra 22-31 % ed aumenta con l’età.

Acqua corporea

La percentuale di acqua che compone il nostro corpo è un indice importante del benessere generale di una persona, poiché l’acqua è la più importante componente del nostro corpo. Ricerche scientifiche dimostrano come il 57% di acqua nel nostro corpo sia la percentuale ottimale. Le donne che normalmente più tessuto adiposo rispetto agli uomini, hanno una percentuale di acqua di circa 55-58%, mentre gli uomini di circa 60-62%. Una percentuale inferiore al 40% viene considerata troppo bassa, così come al di sopra del 70% è troppo alta.

Massa muscolare

La massa muscolare è importante per determinare la composizione corporea di una persona in salute.  Una persona che abbia una elevata percentuale di massa muscolare avrà meno difficoltà a muoversi, ma avrà anche bisogno di maggior energia per farlo.

L’esercizio fisico è fondamentale per mantenersi in forma e la percentuale della massa muscolare è un efficace indice per controllarla. La percentuale di massa muscolare nel peso corporeo è compresa tra 38-58% per gli uomini e tra 28-39% per le donne a seconda dell’età e dell’attività fisica esercitata.

Massa ossea

La massa ossea aumenta rapidamente nell’infanzia e raggiunge il suo massimo tra i 30 e i 40 anni. Diminuisce leggermente in seguito con l’aumentare dell’età. Una corretta alimentazione ed un regolare esercizio fisico che preveda anche l’aumento della massa muscolare possono aiutare a ridurre i processi degenerativi delle ossa. La massa ossea media di un adulto è del 15% per gli uomini e del 12% per le donne.

Indice di massa corporea (BMI)

L’Indice di Massa Corporea è un indice di peso-per-altezza usato comunemente per classificare il sovrappeso e l’Obesità negli adulti. Viene calcolato dividendo il peso corporeo in chilogrammi (kg) per il quadrato dell’altezza in metri di una persona.
La classificazione dell’Indice di Massa Corporea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è il seguente:
• Sovrappeso: superiore a 24.99 kg/m2
• Obeso: superiore a 29.99 kg/m2

Tasso metabolico basale (BMR)

Il Tasso Metabolico Basale espresso in chilocalorie è la quantità di energia necessaria all’organismo, in condizione di completo riposo, per mantenere le proprie funzioni vitali. Circa il 70% del dispendio energetico del corpo è dovuto ai processi vitali degli organi. Circa il 20% del dispendio energetico deriva dall’attività fisica ed un ulteriore 10% dal processo digestivo. E’ possibile fare una stima attraverso un’equazione, usando il sesso, l’età l’altezza ed il peso.

3. Monitorare la Pressione Arteriosa

In caso di Pressione alta o Ipertensione invece abbiamo forti sollecitazioni ai vasi sanguigni, che a lungo andare rischiano di rompersi generando un ICTUS. La Pressione Arteriosa alta è una condizione predisponente per molte malattie gravi come ICTUS e infarto e non va sottovalutata. Non è facile prevenirla perché i fattori che la causano sono parecchi e spesso combinati tra loro, ma qualcosa si può fare. Si può agire sui fattori di rischio modificabili, cercando di ridurli il più possibile. Ovviamente l’età e la predisposizione genetica sono fattori non modificabili, ma alimentazione e stile di vita possono essere cambiati anche rapidamente.

Soprattutto dopo i 65 anni di età è importante misurare regolarmente la Pressione a casa, attraverso l’utilizzo di misuratori di Pressione specificatamente validati. Monitorare la Pressione permette di individuare fin da subito un’eventuale Ipertensione e di agire rapidamente attraverso una cura, sia farmacologica che di modifiche allo stile di vita e all’alimentazione. Ovviamente in caso di diagnosi di Ipertensione sarà importante seguire alla lettera i consigli del proprio medico curante.

IMPARIAMO A VOLERCI BENE!

La Sindrome Metabolica, la Pressione alta e l’incremento di peso aumentano il rischio di malattie cardiovascolari e ICTUS! Segui uno stile di vita sano e non sedentario, una dieta bilanciata e controlla regolarmente:

Pressione Arteriosa
• Peso
• Massa Grassa

I dispositivi Microlife sono stati specificatamente studiati da esperti per la prevenzione della Sindrome Metabolica.

Il misuratore MAM Easy è semplice da utilizzare ed è stato scientificamente validato anche per pazienti particolari come i diabetici e gli obesi. Effettua 3 misurazioni automaticamente, calcolandone la media, come suggerito dalle linee guida.

La bilancia Microlife WS 80N, oltre alla misurazione del peso, tiene sotto controllo anche la Massa Grassa, l’Indice di Massa Corporea (BMI), il Tasso Metabolico Basale (BMR) e molto altro..!

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IPERTENSIONE ARTERIOSA, FIBRILLAZIONE ATRIALE E ICTUS: PREVENZIONE

A cura di
Prof. Stefano Omboni
Istituto Italiano di Telemedicina e Department of Cardiology, Sechenov First Moscow State Medical University


Epidemiologia

La Pressione Arteriosa è la forza esercitata dal sangue espulso dal cuore sulle pareti delle arterie. La Pressione Arteriosa è “massima” o sistolica, durante la fase di contrazione cardiaca e “minima” o diastolica, quando il cuore si rilascia tra una contrazione e la successiva. La Pressione Arteriosa è indispensabile per la nostra sopravvivenza, tuttavia in alcuni casi può innalzarsi a valori troppo elevati, che si mantengono nel tempo. Questa condizione, chiamata Ipertensione Arteriosa, si verifica quando la pressione massima è maggiore o uguale 140 mmHg (millimetri di mercurio, unità di misura della Pressione Arteriosa), o la minima maggiore o uguale 90 mmHg.

L’Ipertensione Arteriosa rappresenta la più comune condizione cardiovascolare e colpisce il 20-50% della popolazione, con una prevalenza maggiore negli over 50. L’Ipertensione Arteriosa si riscontra nel 50-60% dei casi di Fibrillazione Atriale ed è considerata il principale fattore di rischio per lo sviluppo di questa aritmia. Di fatto i pazienti con Ipertensione Arteriosa hanno un rischio di sviluppare Fibrillazione Atriale 1,7-2 volte superiore a quello di soggetti con Pressione Arteriosa normale (normotesi). Non solo, è dimostrato che nei pazienti che hanno già sviluppato Fibrillazione Atriale la coesistenza di Ipertensione Arteriosa aumenta di 3 volte il rischio di ICTUS rispetto ai pazienti fibrillanti con valori pressori normali.

In che modo l’Ipertensione Arteriosa può favorire lo sviluppo di una Fibrillazione Atriale e ICTUS?

Vari studi hanno dimostrato che esiste una relazione diretta (lineare) tra i livelli di Pressione Arteriosa e il rischio di Fibrillazione Atriale. Questo vale per la pressione sistolica (massima), ma non per la pressione diastolica (minima). Il rischio aumenta a partire da livelli di pressione sistolica di 120-129 mmHg, considerati normali. Negli ipertesi, soprattutto di lunga data e con Pressione Arteriosa non controllata, l’eccessiva pressione sanguigna all’interno del cuore è responsabile di aumento delle dimensioni cardiache che causa principalmente ipertrofia ventricolare sinistra e successivamente ingrandimento dell’atrio sinistro. In particolare, l’Ipertensione causa a livello atriale modifiche strutturali che alterano il substrato elettrico naturale dell’atrio, responsabile della generazione del ritmo sinusale. Il conseguente rimodellamento elettrico genera l’aritmia ad insorgenza atriale. La Figura 1. mostra il meccanismo che porta negli ipertesi al rischio di insorgenza di una Fibrillazione Atriale.

Figura 1. Meccanismo dell’effetto dell’Ipertensione Arteriosa sul rischio di Fibrillazione Atriale.

Valutare il rischio di ICTUS nei soggetti con Fibrillazione Atriale

Come noto la Fibrillazione Atriale è responsabile della formazione di coaguli (trombi) nell’atrio sinistro, che se spinti in circolo arrivano alle arterie cerebrali, occludendole e causando l’ICTUS. Oggi vi è un semplice strumento per valutare il rischio di ICTUS nei pazienti con Fibrillazione Atriale. Si tratta del CHA2DS2-VASc, un calcolatore del rischio ampiamente validato. Il punteggio è calcolato in base alla presenza di alcuni fattori di rischio (scompenso cardiaco, Ipertensione Arteriosa, età, diabete, storia di eventi tromboembolici, patologia vascolare, sesso), che sono contemporaneamente noti fattori predisponenti per la Fibrillazione Atriale.

Fattori di rischio Punti
C Scompenso cardiaco congestizio o disfunzione ventricolare sinistra 1
HIpertensione Arteriosa (pressione arteriosa >140/90 mmHg o in trattamento farmacologico antipertensivo) 1
AEtà uguale o superiore a 75 anni 2
D Diabete (glicemia a digiuno >125 mg/dL o in trattamento con farmaci ipoglicemizzanti orali e/o insulina) 1
SICTUS, attacchi ischemici transitori o tromboembolia (ischemia cerebrale) 2
VPatologia vascolare (precedente infarto del miocardio, patologia arteriosa periferica o placca aortica) 1
AEtà compresa tra 65 e 74 anni1
ScSesso femminile 1

Il rischio di ICTUS per anno viene valutato in base alla somma del punteggio dei vari fattori di rischio.

Punteggio Rischio per anno (%)
0 0
1 1,3
2 2,2
3 3,2
4 4,0
5 6,7
6 9,8
7 9,6
8 6,7
9 15,2

L’importanza dello screening dell’Ipertensione Arteriosa e della Fibrillazione Atriale

Purtroppo, Ipertensione Arteriosa e Fibrillazione Atriale sono di frequente asintomatiche e non sempre vengono identificate prontamente in quanto un efficace screening è spesso limitato da due importanti fattori: difficoltà di effettuare facilmente e prontamente un elettrocardiogramma (ECG) e la frequente inaccuratezza della misurazione della Pressione Arteriosa in presenza di Fibrillazione Atriale. E’ noto da recenti studi che i misuratori elettronici (oscillometrici) più comunemente utilizzati dai pazienti e dai medici possono sovrastimare la pressione sistolica di circa 1 mmHg e quella diastolica di circa 2 mmHg.

Nuovi strumenti diagnostici della Fibrillazione Atriale nell’iperteso

Un tentativo di superare i limiti discussi sopra, soprattutto per favorire lo screening della Fibrillazione Atriale attraverso una diffusa e semplice procedura come la misurazione della pressione, ha portato in anni recenti allo sviluppo di una tecnologia in grado di rilevare la presenza di questa aritmia durante una misurazione della Pressione Arteriosa. Questa tecnologia è stata validata in condizioni di riposo rispetto all’ECG, ed in condizioni ambulatorie, rispetto all’ECG Dinamico Holter. Nella tabella sono mostrati i risultati dello screening della Fibrillazione Atriale con misuratori della Pressione Arteriosa dotati di specifica tecnologia e validati scientificamente per generare il sospetto di Fibrillazione Atriale. Viene mostrata la sensibilità (capacità di identificare correttamente i soggetti ammalati) e specificità (capacità di identificare correttamente i soggetti non affetti da Fibrillazione Atriale). Un’alta sensibilità indica una bassa probabilità di falsi negativi, mentre un’alta specificità indica una bassa probabilità di falsi positivi.

Tipo di misuratore Autore (anno) Numero pazienti Età media (anni) Numero di misurazioni utilizzate per la diagnosi in ogni soggetto Sensibilità (%) Specificità (%)
Oscillometrico a riposo – con tecnologia validata per lo screening FA Wiesel (2004) 450 69 2 100 92
Oscillometrico a riposo – con tecnologia validata per lo screening FA Wiesel (2007) 19 100 75
Oscillometrico a riposo – con tecnologia validata per lo screening FA Stergiou (2009) 72 71 2 100 89
Oscillometrico a riposo – con tecnologia validata per lo screening FA Wiesel (2009) 405 73 2 97 89
Oscillometrico a riposo – con tecnologia validata per lo screening FA Marazzi (2012) 503 67 3 92 97
Oscillometrico a riposo – con tecnologia validata per lo screening FA Wiesel (2013) 139 >64 99 93
Oscillometrico a riposo – con tecnologia validata per lo screening FA Wiesel (2014) 199 74 2 100 92
Oscillometrico a riposo – con tecnologia validata per lo screening FA Kearly (2014) 999 80 3 95 90
Oscillometrico a riposo – con tecnologia validata per lo screening FA Gandolfo (2015) 207 78 3 89 99
Oscillometrico a riposo – con tecnologia validata per lo screening FA Chan (2017) 5.969 67 3 81 99
Oscillometrico delle 24 ore Kollias (2018) 100 71 61-65 93 87
Oscillometrico delle 24 ore Huppertz (2020) 48 72 >30 100 83

Nuovi strumenti diagnostici della Fibrillazione Atriale nell’iperteso

Come abbiamo visto in precedenza la concomitanza di Ipertensione Arteriosa e Fibrillazione Atriale, aumentano le complicanze della Fibrillazione Atriale, ed in particolare il rischio di ICTUS, scompenso cardiaco e sanguinamento. In particolar modo sono considerati ad alto rischio i soggetti con una lunga storia di Ipertensione Arteriosa, soprattutto caratterizzata da pressione sistolica non controllata. Pertanto in questi pazienti, oltre al trattamento specifico della Fibrillazione Atriale, è necessario raggiungere un controllo pressorio ottimale per ridurre il rischio di ICTUS.

Strategie per ridurre il rischio di ICTUS negli ipertesi con Fibrillazione Atriale
Controllo pressorio ottimale (<130/80 mmHg)
Tenere sotto controllo il peso (controllo dell’obesità)
Non fumare
Ridurre l’alcol
Valutare la presenza di apnee ostruttive notturne

Riferimenti bibliografici

  • Hindricks G, Potpara T, Dagres N, Arbelo E, Bax JJ, Blomström-Lundqvist C, Boriani G, Castella M, Dan GA, Dilaveris PE, Fauchier L, Filippatos G, Kalman JM, La Meir M, Lane DA, Lebeau JP, Lettino M, Lip GYH, Pinto FJ, Thomas GN, Valgimigli M, Van Gelder IC, Van Putte BP, Watkins CL; ESC Scientific Document Group. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillation developed in collaboration with the European Association of Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). Eur Heart J 2021;42(5):373-498.
  • Manolis AJ, Rosei EA, Coca A, Cifkova R, Erdine SE, Kjeldsen S, Lip GY, Narkiewicz K, Parati G, Redon J, Schmieder R, Tsioufis C, Mancia G. Hypertension and atrial fibrillation: diagnostic approach, prevention and treatment. Position paper of the Working Group ‘Hypertension Arrhythmias and Thrombosis’ of the European Society of Hypertension. J Hypertens 2012;30(2):239-252.
  • Parkash R. Triggers, Substrate, and Hypertension in Atrial Fibrillation: How Does It All Add Up? JACC Clin Electrophysiol 2015;1(3):174-176.
  • Stergiou GS, Kyriakoulis KG, Stambolliu E, Destounis A, Karpettas N, Kalogeropoulos P, Kollias A. Blood pressure measurement in atrial fibrillation: review and meta-analysis of evidence on accuracy and clinical relevance. J Hypertens 2019;37(12):2430-2441.
  • Verberk WJ, Omboni S, Kollias A, Stergiou GS. Screening for atrial fibrillation with automated blood pressure measurement: Research evidence and practice recommendations. Int J Cardiol 2016;203:465-73.
  • Huppertz N, Lip GYH, Lane DA. Validation of the modified Microlife blood pressure monitor in patients with paroxysmal atrial fibrillation. Clin Res Cardiol 2020;109(7):802-809.
  • Kollias A, Destounis A, Kalogeropoulos P, Kyriakoulis KG, Ntineri A, Stergiou GS. Atrial Fibrillation Detection During 24-Hour Ambulatory Blood Pressure Monitoring: Comparison With 24-Hour Electrocardiography. Hypertension 2018;72(1):110-115.
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ICTUS E DEMENZA VASCOLARE

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno 15 milioni di persone sono colpite da ICTUS. Nello stesso tempo, circa 50 milioni di persone in tutto il mondo sono affette da demenza, un numero che dovrebbe quasi raddoppiare entro il 2050. Le persone colpite da ICTUS hanno circa il doppio delle probabilità di sviluppare demenza, secondo uno dei più grandi studi sul tema condotto dall’University of Exeter Medical School.

 Nello studio sono stati analizzati i dati sul rischio ICTUS e demenza su 3,2 milioni di persone in tutto il mondo. Ciò che emerso è che il legame tra ICTUS e demenza si è mantenuto anche dopo aver preso in considerazione altri fattori di rischio di demenza come ipertensione arteriosa, diabete e malattie cardiovascolari, riscontrando che una storia di ICTUS aumenta il rischio di demenza del 70%.

Sempre nel rapporto si evince che c’è anche un legame tra la Pressione Arteriosa alta nella mezza età e il declino cognitivo, essendo la pressione alta è il fattore di rischio più importante dell’ICTUS.

COSA SI INTENDE PER DEMENZA VASCOLARE E COME SI MANIFESTA

Per demenza vascolare si intende un deterioramento cognitivo acuto o cronico dovuto ad infarti cerebrali diffusi o locali che sono correlati il più delle volte a una malattia cerebrovascolare. Questa tipologia di demenza rappresenta un deterioramento cognitivo globale, cronico e generalmente irreversibile.

Si verifica in genere nelle persone che hanno fattori di rischio vascolare (ipertensione, diabete, ecc…) e in quelli che hanno già avuto diversi ICTUS. Molte persone possono presentare allo stesso tempo sia demenza vascolare che malattia di Alzheimer.

La demenza vascolare rappresenta la seconda causa più frequente di demenza nella popolazione anziana, colpendo più frequentemente i soggetti di sesso maschile e solitamente inizia dopo i 70 anni.

La demenza vascolare si presenta generalmente in 4 forme principali:

1- Demenza associata ad ICTUS: si verifica appunto quando si ha un ICTUS. Gli ICTUS avvengono quando si interrompe improvvisamente l’apporto vitale di sangue a una parte del cervello. Di solito, significa che un vaso sanguigno si è ristretto ed è stato bloccato da un grumo.

2- Demenza post-ICTUS: di solito si sviluppa dopo avere avuto un ICTUS grave, dove si interrompe il flusso di sangue a un grande vaso capillare nel cervello, in modo permanente e improvviso. Questa brusca interruzione dell’afflusso di sangue può portare alla morte di una grande parte del tessuto cerebrale. Circa il 20% delle persone che hanno un ICTUS sviluppa la demenza post-ICTUS.

3- Demenza a infarto singolo e da multi-infarto: è causata da mini-ICTUS, così piccoli che la persona che li ha non se ne rende affatto conto. Con i mini-ICTUS, i sintomi possono durare solo alcuni minuti prima che si risolva il blocco e riprenda l’apporto di sangue al cervello. Tuttavia, se il rifornimento di sangue è bloccato per più di pochi minuti, una piccola area di tessuto cerebrale chiamata “infarto” morirà. Un infarto potrebbe interessare un’area cruciale del cervello, che porta alla demenza da singolo infarto. Molti mini-ictus possono causare demenza multi-infartuale.

4- Demenza sottocorticale: si ha quando si ammalano i vasi sanguigni molto piccoli all’interno del cervello che potrebbero ingrossarsi o attorcigliarsi, impedendo il flusso del sangue. Questa malattia nei piccoli vasi può danneggiare i fasci di nervi che trasportano segnali al cervello, e può anche causare piccoli infarti alla base del cervello.

SINTOMI E CAUSE DELLA DEMENZA VASCOLARE

I sintomi della demenza vascolare sono simili a quelli di altre demenze, in quanto possono essere presenti perdita di memoria, funzione esecutiva alterata, difficoltà ad iniziare azioni o compiti, pensiero rallentato, cambiamenti di umore o di personalità e deficit del linguaggio. Tuttavia, rispetto ad esempio alla malattia di Alzheimer, la demenza vascolare tende a causare la perdita di memoria più tardi e ad influenzare la funzione esecutiva più precocemente. Inoltre, i sintomi possono variare a seconda di dove si verificano gli eventi ischemici.

Il fattore di rischio più grande per la demenza vascolare è l’età: il rischio di avere la demenza vascolare raddoppia ogni 5 anni una volta raggiunta l’età di 65 anni.

Il secondo fattore di rischio di demenza vascolare sono indubbiamente l’ICTUS, le malattie cardiache e il diabete. Questa condizione è stata collegata alla depressione e all’apnea notturna.

Anche l’Ipertensione, colesterolo alto, sovrappeso e tutti fattori legati alle malattie cardiovascolari aumentano il rischio di demenza vascolare. Per ridurre le possibilità di sviluppare pressione alta o più in generale di rischio ICTUS, è importante misurare regolarmente la Pressione Arteriosa e la Fibrillazione Atriale, seguire una dieta equilibrata, fare esercizio fisico regolare e bere alcolici con moderazione e smettere di fumare.

L’AIUTO FONDAMENTALE DELLA PREVENZIONE

Nello studio viene fatta presente una scoperta importante, ovvero che i miglioramenti nella prevenzione dell’ICTUS e nella cura post-ICTUS possono svolgere un ruolo chiave nella prevenzione della demenza.

Un ICTUS può raddoppiare il rischio di demenza, per questo per ridurre questo rischio, è importante aumentare la consapevolezza nelle persone stimolandoli alla prevenzione attraverso il monitoraggio della Pressione Arteriosa e della Fibrillazione Atriale, principali cause di rischio ICTUS, attraverso campagne di sensibilizzazione per smettere di fumare, incentivarli ad una dieta equilibrata e all’attività fisica.

Palmira Nessun commento

IPERTENSIONE ARTERIOSA, FIBRILLAZIONE ATRIALE E COVID-19: UN’INTERAZIONE PERICOLOSA

A cura di
Prof. Stefano Omboni
Istituto Italiano di Telemedicina e Department of Cardiology, Sechenov First Moscow State Medical University


Ipertensione arteriosa, Fibrillazione Atriale e malattie cardiovascolari: una relazione pericolosa

E’ stata discussa nei precedenti articoli l’importanza della relazione tra Fibrillazione Atriale e vari fattori di rischio predisponenti a questa aritmia, tra cui il più importante è rappresentato sicuramente dall’Ipertensione Arteriosa. In vari studi clinici la prevalenza di Ipertensione nei soggetti con Fibrillazione Atriale varia tra il 49 e il 90%. Inoltre l’Ipertensione Arteriosa si manifesta in molte condizioni associate alla Fibrillazione Atriale: il 72% dei pazienti con ICTUS, l’82% di quelli con malattia renale cronica, il 77% dei diabetici, il 73% dei pazienti con malattia coronarica, il 71% con scompenso cardiaco e il 62% con sindrome metabolica possono presentare le due condizioni.



Mortalità per COVID-19 e malattie cardiovascolari

La comparsa in Italia alla fine di febbraio del 2020 dell’epidemia da SARS-CoV-2 e della conseguente rapida diffusione della grave malattia denominata COVID-19 (COronaVIrus Disease 2019) ha messo in evidenza la stretta associazione tra la forma grave e mortale della malattia e la preesistenza di malattie croniche, in primis quelle cardiovascolari. Come si vede in figura, in un campione di 6.381 deceduti per COVID-19, le patologie più frequentemente associate erano l’Ipertensione Arteriosa, il diabete mellito, la cardiopatia ischemica e la Fibrillazione Atriale.

Figura. Patologie più comuni osservate nei pazienti deceduti per COVID-19 in Italia.

E’ rilevante notare come il 66% dei soggetti deceduti presentasse al momento della morte 3 o più patologie concomitanti.

Aumento della incidenza di malattie cardiovascolari durante l’epidemia da nuovo coronavirus

L’aumentata incidenza di malattie cardiovascolari durante l’epidemia da nuovo coronavirus presenta due diversi aspetti che vanno valutati separatamente.

Da una parte vi sono i soggetti che hanno sviluppato la malattia COVID-19 senza avere apparenti preesistenti malattie cardiovascolari, che tuttavia sono comparse in seguito all’infezione. Per quanto riguarda la Fibrillazione Atriale, ad esempio, si stima una prevalenza di Fibrillazione Atriale tra il 19% e il 21%. E’ possibile che la causa dell’insorgenza di questa aritmia durante l’infezione da coronavirus sia legata al fatto che l’infezione possa avere alterato un preesistente equilibrio e quindi rendere manifesta la condizione ancora latente.

Vi è poi un altro aspetto, forse più rilevante. Durante l’epidemia, ed in particolare durante il lockdown che è stato applicato in vari paesi, si sono registrati nuovi casi di Fibrillazione Atriale e malattie cardiovascolari. Questo si è verificato in quanto i pazienti, nonostante i sintomi, non hanno contattato i servizi sanitari per paura dell’infezione ed hanno quindi ritardato le cure. In uno studio danese si è osservata una riduzione del 47% dei nuovi casi di Fibrillazione Atriale nelle prime tre settimane del lockdown rispetto all’anno precedente. Tuttavia i pazienti in lockdown manifestavano chiari sintomi e l’incidenza di ICTUS e morte causati dalla Fibrillazione Atriale è aumentata di 1,4 volte rispetto all’anno precedente. In uno studio spagnolo si è osservato un peggioramento del 3% del controllo dell’ipercolesterolemia e del 2% della Pressione Arteriosa durante il lockdown. Uno studio Italiano ha dimostrato una riduzione del 48% dei ricoveri per infarto miocardico durante il lockdown, ma una mortalità per infarto miocardico aumentata di 3,3 volte tra i pazienti che si sono ricoverati. Uno studio americano ha dimostrato un’impossibilità a gestire prontamente i casi di arresto cardiaco extra-ospedaliero: i pazienti poi ricoverati avevano una probabilità di sopravvivenza ridotta del 50%. Nel Regno Unito durante il lockdown si è osservato un calo dei ricoveri per scompenso cardiaco: tuttavia i pazienti ricoverati avevano un quadro clinico più grave e la mortalità è aumentata di 2,2 volte.

Assicurare la continuità della cura dei pazienti durante l’epidemia

Come visto sopra, la COVID-19 si associa pericolosamente all’Ipertensione Arteriosa e alle malattie cardiovascolari (comprese la Fibrillazione Atriale e l’ICTUS), che ne aumentano la gravità e le conseguenze per la salute. Inoltre, la paura dell’infezione costringe i pazienti cronici a casa e ne aumenta il rischio di peggioramento della loro malattia o addirittura di morte.

E’ quindi importante in queste condizioni mettere in campo strumenti di gestione che garantiscano la continuità della cura di questi soggetti. La telemedicina rappresenta a questo scopo un importante servizio, che in realtà ha avuto un grande sviluppo durante l’epidemia.

Le soluzioni disponibili sono diverse. I pazienti confinati a casa possono utilizzare servizi forniti attraverso Internet o app per smartphone e tablet che permettono di monitorare, anche con i dispositivi medici dei pazienti, vari parametri (Pressione Arteriosa, elettrocardiogramma, saturazione dell’ossigeno, temperatura corporea, glicemia, ecc.). I pazienti che hanno la possibilità di lasciare per brevi periodi il proprio domicilio hanno l’opportunità di utilizzare servizi di telemedicina erogati attraverso le farmacie o gli studi medici. Questi servizi di comunità, che si basano su prestazioni diagnostiche come l’elettrocardiogramma a riposo o Holter, il monitoraggio ambulatorio della pressione, la spirometria, l’ossimetria, sono importanti in quanto gli ospedali impegnati nella gestione dei pazienti con COVID-19 riducono notevolmente le prestazioni diagnostiche. Uno schema di una piattaforma web di telemedicina da noi utilizzata nel corso della pandemia è riportato in figura.

Figura. Architettura semplificata e schema del flusso di dati nella piattaforma di telemedicina Tholomeus® (da Omboni S et al, Expert Rev Med Devices 2020).

In Italia nel periodo pandemico, a parte nelle prime settimane del lockdown, si è osservato un incremento notevole di questi servizi. In base alla nostra esperienza nel corso del 2020 i servizi di telemedicina erogati in comunità (farmacisti e studi medici) sono aumentati del 16% rispetto ai 3 anni precedenti, con un impatto decisamente importante in termini di elettrocardiogrammi Holter (+64%). Durante il lockdown, gli utilizzatori domiciliari sono aumentati di 2,5 volte e la quantità di dati scambiati è aumentata di 1,5 volte rispetto all’anno precedente. Grazie alla telemedicina è stato possibile gestire prontamente pazienti con Pressione Arteriosa non controllata o con eventi ischemici cardiaci o con aritmie gravi.

Conclusioni

La epidemia da nuovo coronavirus ha avuto un impatto devastante su malati cronici affetti soprattutto da malattie cardiovascolari, Ipertensione Arteriosa e Fibrillazione Atriale. Solo tardivamente si è realizzata l’importanza di gestire adeguatamente questi pazienti garantendo sia la tempestiva diagnosi e trattamento della COVID-19, sia la pronta gestione di eventi ischemici cardiaci o cerebrali, di aritmie, o rialzi pressori. La telemedicina si è rivelata sotto questo aspetto cruciale per gestire al meglio questi pazienti.


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Riferimenti bibliografici

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ICTUS E FIBRILLAZIONE ATRIALE UNA RELAZIONE PERICOLOSA

A cura di
Dott.ssa Antonia Nucera
Medico, Neurologo, ricercatrice e docente specializzata in Neurosonologia e malattie rare, neurologa d’emergenza. Vice Presidente del Comitato scientifico A.L.I.Ce. Italia (Associazione Lotta Ictus Cerebrale).


Lo sviluppo di alcuni registri di popolazione sugli ICTUS ha permesso di conoscere meglio i dati epidemiologici descrittivi e la loro evoluzione nel tempo e nello spazio e di identificare così l’incidenza generale come anche della mortalità nel tempo.

Grazie agli studi epidemiologici è stato possibile identificare la storia naturale della malattia, i fattori di rischio ed i fattori prognostici, a trovare i substrati dei meccanismi della malattia, a capire le cause sottostanti, a conoscere i gruppi di persone e le aree geografiche in cui la patologia è presente, tutti elementi utili ai sistemi sanitari ed alla politica per sviluppare programmi atti a ridurre il rischio di stroke (ICTUS), mortalità per stroke (ICTUS) e disabilità.

Ad oggi si stima che 80 milioni di persone siano state colpite da ICTUS nel mondo e che 50 milioni abbiano una disabilità in esito. Gli studi e l’esperienza sul campo dimostrano che fornire al cittadino gli strumenti per una prevenzione ottimale e un corretto percorso diagnostico-terapeutico, sono il presupposto per la lotta all’ICTUS.

L’ICTUS rappresenta globalmente la seconda causa di morte e la terza di disabilità. Nei paesi europei l’incidenza di ICTUS varia tra 95 e 290 nuovi casa per 100.000 abitanti all’anno ed ogni anno vi sono 650.000 decessi causato da ICTUS. Nei paesi sviluppati l’incidenza si è ridotta del 42% nelle ultime 4 decadi grazie al migliore controllo dei fattori di rischio. L’ICTUS ischemico rappresenta la maggior parte di tutti gli ICTUS, 65-90%, seguito dalle emorragie intraparenchimali, 10-25%, e dalle emorragie sub aracnoidei, 0,5-5%.

In Italia, l’incidenza grezza oscilla tra 144 e 293/100.000/anno.  Nell’età giovanile (età < a 45 anni) è pari a circa 7-10 /100.000/anno.

 Negli ultimi anni l’incidenza dell’ICTUS ischemico si è ridotta nei soggetti di età ? 60 anni (controllo dei fattori di rischio), mentre è rimasta immodificata in quelli di età tra i 45 ed i 59 anni.

Fibrillazione Atriale e ICTUS, una relazione pericolosa

Con circa 500 mila casi in Italia e 60mila nuove diagnosi ogni anno, la Fibrillazione Atriale è il disturbo del ritmo cardiaco più diffuso e se ne sente parlare spesso. Tuttavia ancora in pochi conoscono veramente quali rischi comporta.

La Fibrillazione Atriale non è pericolosa di per sé. Il vero pericolo è rappresentato dalle sue complicanze, a partire dall’ICTUS cerebrale.

La Fibrillazione Atriale è l’aritmia più diffusa nella popolazione generale e la sua prevalenza tende a crescere con l’aumentare dell’età. La Fibrillazione Atriale (FA) è la forma più comune di aritmia ed è un problema legato alla frequenza del ritmo cardiaco. Durante un’aritmia il cuore può battere troppo velocemente, troppo lentamente o in maniera irregolare. La Fibrillazione Atriale avviene se i segnali elettrici rapidi e caotici provocano la Fibrillazione delle due camere superiori del cuore, gli atri.

 Nella Fibrillazione Atriale, il cuore non si contrae con la forza con la quale dovrebbe. Questo può provocare un ristagno di sangue nel cuore con conseguente formazione di coaguli. Quando questi coaguli di sangue si spostano possono avanzare fino al cervello, dove rischiano di rimanere intrappolati in un’arteria cerebrale ristretta, bloccando così la circolazione e provocando un ICTUS.

La Fibrillazione Atriale colpisce circa l’1,5-2% della popolazione generale mondiale con una prevalenza che aumenta con l’età (0,1% sotto i 55 anni, 8-10% oltre gli 80 anni). La maggior parte dei pazienti affetti ha quindi più di 65 anni; gli uomini sono generalmente più colpiti rispetto alle donne.

 Oltre 6 milioni di Europei presentano questa forma di aritmia e si prevede che la sua prevalenza raddoppierà nei prossimi 50 anni con il progressivo invecchiamento della popolazione. Il peso della Fibrillazione Atriale a livello mondiale e la gestione di un alto numero di pazienti colpiti da Fibrillazione Atriale costituiscono un peso sempre maggiore per i sistemi sanitari di tutto il mondo in termini di costi della gestione dell’ICTUS e della terapia.

La Fibrillazione Atriale è spesso associata a sintomi; i più frequenti sono: palpitazioni, dispnea, debolezza o affaticabilità, raramente sincope, dolore toracico. Frequentemente è comunque asintomatica o se sono presenti sintomi non vengono riconosciuti dal paziente, che si limita ad adeguare il proprio stile di vita. Un esempio è la riduzione della tolleranza allo sforzo.

Tuttavia, più di recente è stato messo in evidenza come non sia propriamente la Fibrillazione Atriale ma più probabilmente la cardiomiopatia atriale, una condizione strutturale delle pareti cardiache, a provocare il cardio embolismo. Ad ogni modo, in pazienti fibrillanti la prevenzione primaria e secondaria con terapia anticoagulante si è dimostrata efficace nel ridurre il rischio di ICTUS ischemico.

Cosa c’entra la Fibrillazione Atriale con l’ICTUS?

Nella Fibrillazione Atriale il cuore, battendo in maniera irregolare, non riesce a pompare bene il sangue, che tende così a ristagnare nell’atrio formando dei coaguli (o trombi). Se questi si distaccano ed entrano nel circolo sanguigno, possono occludere le arterie causando un’embolia arteriosa periferica o, quando ciò si verifica in corrispondenza di un’arteria del cervello, possono provocare un infarto cerebrale (ICTUS). Un obiettivo della terapia per i pazienti con Fibrillazione Atriale è dunque prevenire l’ICTUS, impedendo la formazione di trombi.

Il 20% degli ICTUS è legato alla Fibrillazione Atriale e la grande maggioranza dei trombi che colpiscono i malati cronici di questa aritmia originano nell’auricola sinistra, una piccola appendice collegata all’atrio sinistro del cuore.

Gli strumenti diagnostici sono, l’elettrocardiogramma e l’Holter ECG 24 ore che integrano una visita cardiologica.

Prevenzione

La Fibrillazione Atriale è un importante fattore di rischio e comporta un aumento del rischio di ICTUS di 5 volte rispetto alla popolazione generale. Con l’invecchiamento della popolazione, il peso a livello globale dell’ICTUS correlato a Fibrillazione Atriale continuerà ad aumentare. La prevalenza di ICTUS nei pazienti di età superiore ai 70 anni affetti da Fibrillazione Atriale raddoppia ogni dieci anni.  Inoltre, gli ICTUS correlati a Fibrillazione Atriale sono associati ad esiti più gravi rispetto agli ICTUS non correlati a Fibrillazione Atriale. Il trattamento della Fibrillazione Atriale mira a ridurre i sintomi e il rischio di gravi complicanze ad essa associate, come l’ICTUS. La terapia di base per la riduzione del rischio di ICTUS correlato a Fibrillazione Atriale è la terapia anticoagulante orale (OAC). Inoltre, gli approcci non farmacologici, come la chiusura dell’auricola sinistra (LAA), offrono un’alternativa terapeutica, per esempio ai pazienti con Fibrillazione Atriale non valvolare che necessitano di un trattamento per la possibile formazione di trombi nella LAA e che sono controindicati alla terapia con anticoagulanti orali.

 Lo screening per la Fibrillazione Atriale non diagnosticata è probabilmente una delle principali strade da intraprendere per migliorare la prevenzione dell’ICTUS nella Fibrillazione Atriale e per migliorare sopravvivenza, la funzione sociale e la vita dei pazienti.

Le dieci regole per prevenire la Fibrillazione Atriale

  1. Evitare obesità e sovrappeso
  2. Evitare l’abuso di alcool
  3. Abolire il fumo di sigaretta
  4. Svolgere un’attività fisica e sportiva moderata, evitando gli eccessi
  5. Tenere sotto controllo la Pressione Arteriosa (consigliabile l’utilizzo di  misuratori validati per evidenziare possibile presenza di Fibrillazione Atriale) e curare l’Ipertensione
  6. Tenere sotto controllo la glicemia e curare il diabete
  7. Curare le apnee ostruttive nel sonno
  8. Dopo i 65 anni prestare attenzione al rilievo del polso in occasione di visite mediche
  9. Eseguire un elettrocardiogramma in caso di riscontro di polso irregolare
  10. Dopo i 50 anni, in caso di familiarità per Fibrillazione Atriale sottoporsi a visita cardiologica.

Uno studio pubblicato dalla rivista ufficiale dell’American Medical Association, condotto da un gruppo di ricerca dello Scripps Research Institute ha dimostrato che la Fibrillazione Atriale è diagnosticata più facilmente grazie ai più recenti dispositivi sanitari portatili. Stando alle conclusioni dello studio, questi dispositivi sono utili in modo particolare per i soggetti considerati a rischio, nei quali la malattia è presente ma non ancora diagnosticata: lo studio ha evidenziato un’efficacia fino a tre volte superiore rispetto agli standard. È un dato promettente nel contesto di una patologia in cui la diagnosi tempestiva è cruciale per minimizzarne l’impatto. Circa un terzo dei pazienti affetti da Fibrillazione Atriale è asintomatica: trattandosi di una forma di aritmia particolarmente insidiosa, una diagnosi ritardata o uno screening poco efficace possono avere conseguenze nefaste. Stesso risultato è stato raggiunto da una campagna di prevenzione effettuata in Emilia-Romagna qualche anno fa dal titolo. “Ascolta il tuo cuore per salvare il tuo cervello”, con lo scopo di prevenire l’ICTUS individuando una Fibrillazione Atriale silente. L’utilizzo di un dispositivo, in quel caso Microlife AFIB, ha permesso la diagnosi di Fibrillazione Atriale in pazienti asintomatici che sono stati subito sottoposti ad una terapia con anticoagulante, eliminando il rischio di un evento ischemico cerebrale che sappiamo cosa comporta nella vita di una persona che ne rimane colpito e nella vita dei suoi familiari.