Le disfunzioni della tiroide e nello specifico l’ipertiroidismo sono da sempre associati a varie patologie come l’Ipertensione, l’insufficienza cardiaca, la Fibrillazione Atriale e in generale a malattie cerebrovascolari.
La funzione tiroidea viene valutata clinicamente misurando
la tireotropina, che regola i livelli di ormone tiroideo (tiroxina libera – FT4
e triodotironina -FT3), entrambi prodotti dall’ipofisi. Si parla di ipertiroidismo
quando ci sono bassi livelli di tireotropina sierica (TSH) e si parla di ipotiroidismo
con alti livelli di tireotropina.
Nel 2019 sono stati pubblicati su Jama due studi genetici indipendenti molto importanti che hanno individuato un rapporto causale tra funzione tiroidea e Fibrillazione Atriale. Il primo studio a cui facciamo riferimento è quello pubblicato da Christina Ellervik e i suoi colleghi del Boston Children’s Hospital e della Harvard Medical School: il gruppo guidato dalla Ellervik ha condotto un’analisi sulla randomizzazione mendeliana incentrata sulla funzione tiroidea e sulla Fibrillazione Atriale, per comprendere se i punteggi di rischio genetico associati alla funzione tiroidea fossero anche associati al rischio di Fibrillazione Atriale.
È emerso che gli aumenti geneticamente previsti di FT3/ FT4 non erano associati a maggiori probabilità di Fibrillazione Atriale, mentre aumenti geneticamente previsti della tireotropina geneticamente aumentata (TSH), erano associati a diminuzioni di Fibrillazione Atriale.
L’ipotiroidismo congenito è risultato associato a un ridotto rischio di Fibrillazione Atriale mentre l’ipertiroidismo congenito non è risultato significativamente associato al rischio di insorgenza di Fibrillazione Atriale.
Sempre nello stesso periodo una seconda ricerca portata avanti da Joe-Elie Salem dell’ospedale Pitie-Salpetriere di Parigi ha valutato il possibile legame tra i livelli di tirotropina geneticamente determinati e la Fibrillazione Atriale e ha sottolineato che una crescita dei livelli di tireotropina geneticamente previsto (ipotiroidismo) è associato alla diminuzione delle probabilità di Fibrillazione Atriale.
In conclusione entrambi gli studi (indipendenti tra loro) suggeriscono che ci sia un’effettiva associazione causale tra funzione tiroidea e Fibrillazione Atriale e che ogni variazione della funzione tiroidea geneticamente determinata è un fattori di rischio per l’insorgere della Fibrillazione Atriale anche se rimane ancora da capire l’agente causale specifico nel legame tra tiroide e Fibrillazione Atriale.
A cura di Dott. Giuliano Ermini Presidente provinciale a Bologna della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG). Ha portato avanti più di 20 pubblicazioni a stampa in tema di prevenzione cardiovascolare, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco e gastroenterologia.
Le malattie cardiovascolari (MCV) sono la prima causa di malattia e di morte in tutto il mondo occidentale.
Già dagli anni Cinquanta del secolo scorso sono stati identificate situazioni, definite fattori di rischio, maggiormente collegate all’insorgenza di queste malattie il cui denominatore comune è la perdita della normale integrità e funzione delle arterie (arteriosclerosi) con i danni ad essa correlati, gli infarti e gli ICTUS sono i più noti. Molte di queste situazioni sono legate ad abitudini e modi di vivere, i cosiddetti stili di vita, riconosciuti come nocivi per la salute.
I fattori di rischio per le malattie cardiovascolari (FRCV) si definiscono modificabili quando un cambiamento dello stile di vita o un adeguato trattamento possono ridurre la probabilità di malattia, mentre si definiscono non modificabili quelli legati all’età ed alla genetica (essenzialmente sesso e familiarità). È esperienza comune, e quasi superfluo dire, che le MCV aumentino con l’età, come peraltro quasi tutte le malattie, e che colpiscano le femmine in media dieci anni dopo i maschi. Tutti questi fattori, modificabili e non, entrano nella valutazione globale del rischio cardiovascolare e delle azioni che devono essere intraprese perché se ne ottenga una riduzione; l’età è comunque il fattore di rischio principale.
I maggiori FRCV e causa delle MCV sono il colesterolo LDL, l’ipertensione arteriosa, il fumo di sigaretta, il diabete e l’adiposità che agisce anche attraverso i quattro fattori precedenti. Esistono anche molti altri fattori di rischio (depressione, fragilità, famigliarità, inquinamento, ecc) che però non riuscendo ancora ad essere misurati con parametri precisi e condivisi non vengono presi in considerazione nelle elaborazioni statistiche che definiscono la probabilità di avere nel tempo una MCV.
Scopo delle Linee Guida Europee per la prevenzione delle MCV (1) è quello di identificare i soggetti maggiormente a rischio di queste malattie sia, soprattutto, per cercare di evitare un primo evento in una persona apparentemente in salute (prevenzione primaria), sia per evitarlo in chi ne ha già avuto uno (prevenzione secondaria).
Per raggiungere questo scopo è stato elaborato un sistema a punteggio attraverso un’analisi statistica (durata dal 1990 al 2009 e comprendente più di 11 milioni di persone, fra le quali vi sono stati circa 43000 eventi cardiovascolari) che valuta la probabilità personale di avere un infarto miocardico o un ictus nei 10 anni successivi alla valutazione. Questo sistema a punteggio, che vale per le persone dai 40 ai 69 anni, è stato chiamato SCORE2 (2) (figura) ed è un perfezionamento del precedente proposto nel 2003: SCORE (Systematic COronary Risk Evaluation) che si limitava a calcolare solo la probabilità di morte causata dagli stessi eventi. È stato anche elaborato un sistema a punteggio per persone con più di 70 anni, chiamato SCORE-OP (Older People), questo perché con l’invecchiamento aumentano anche rischi di morte dovuti ad altre malattie (chiamati ‘rischi in competizione’) e diminuisce quindi la probabilità di eventi letali collegati solo ad infarto od ictus.
I punteggi SCORE2 e SCORE-OP si applicano alle persone apparentemente in salute e vengono calcolati valutando l’età, il sesso, la presenza o meno del fumo attivo (basta anche solo 1 sigaretta al giorno), i valori della pressione arteriosa sistolica (la cosiddetta pressione ‘massima’) e del colesterolo non HDL, valore che si ottiene sottraendo dal colesterolo totale il colesterolo HDL. Si usa il colesterolo non HDL perché identifica meglio la lipoproteina B che è la proteina ricca di colesterolo LDL che depositandosi nelle arterie ne determina maggiormente il danno.
In base al punteggio, espresso in percentuale, si identifica una fascia di rischio che può variare da basso a moderato, alto e molto alto; in base a questo si valutano le misure da prendere per provare a ridurre il RCV (tabella). Indipendentemente dai valori di rischio ottenuti, quindi anche per chi ha un rischio basso, si dovrà comunque sempre raccomandare per tutti l’abolizione del fumo di sigaretta, il mantenimento della pressione arteriosa sistolica al di sotto dei 160 mmHg e l’adozione di uno stile di vita salutare. Per quanto riguarda gli stili di vita, viene raccomandato di seguire la dieta mediterranea, la restrizione dell’alcol a 100g la settimana (dieci bicchieri di vino o bicchierini di superalcolici), di mangiare pesce almeno una volta a settimana, di ridurre l’uso di sale e di zuccheri semplici e di bibite zuccherate, di fare attività fisica (basta camminare svelti) per 30 minuti almeno 5 giorni a settimana. Nelle persone sovrappeso (con indice di massa corporea o BMI superiore a 25) e obese (con BMI maggiore di 30 o con circonferenza addominale maggiore di 102 cm per gli uomini e maggiore di 88 per le donne) si raccomanda la riduzione di almeno il 5-10% del peso iniziale ed il suo mantenimento.
In caso di rischio alto e molto
alto, si raccomanda di raggiungere valori di pressione sistolica al di sotto
dei 140mmHg e si consiglia di portare il colesterolo LDL al di sotto dei 70 mg/dL
con tendenza a raggiungere valori inferiori a 55 mg/dL negli individui a
rischio molto alto, nell’ottica del ‘più basso è meglio’ (lower is better)
< 50 anni
50 – 69 anni
? 70 anni
Rischio CV Basso-moderato Trattamento non raccomandato
< 2,5%
< 5%
< 7,5%
Rischio CV Alto Trattamento consigliato
>2,5% <7,5%
>5%
<10%
>7,5%
<15%
Rischio CV Molto alto Trattamento raccomandato
>7,5%
>10%
>15%
Le persone diabetiche sono considerate già a rischio alto o molto alto. Oltre agli stili di vita adeguati sono raccomandati interventi che riducano i valori di emoglobina glicata sotto il 7% (o sotto i 53 se viene calcolata in millimoli), di pressione arteriosa almeno sotto i 140 mmHg, ma con tendenza ad ottenere valori ottimali fra 120 e 130mmHg, mentre per quanto riguarda i valori di colesterolo LDL si raccomanda di raggiungere valori minori di 70 mg/dL o la riduzione del 50% dei valori di partenza se questo era già basso; la tendenza anche qui è di raggiungere valori di colesterolo LDL inferiori a 55mg/dL
Chi ha già avuto un infarto o un ictus è a rischio molto alto ed i valori di colesterolo LDL raccomandati sono inferiori a 55 mg/dL, i valori pressori da ottenere e mantenere sono come quelli delle persone con diabete.
Nelle linee guida si sottolinea come questi valori considerati ottimali si riescono a raggiungere, oltre che con l’assunzione di stili di vita adeguati, spesso con l’uso di trattamenti farmacologici sia per abbassare la pressione arteriosa che per abbassare i valori del colesterolo.
Una parte non secondaria delle raccomandazioni è rivolta ai decisori politici nazionali e locali. La prevenzione delle malattie non è compito solo dei sanitari (ad esempio, se viene raccomandata l’attività fisica e mancano strutture adeguate o piste pedonali e ciclabili che proteggano dai pericoli della strada sarà poi difficile praticarla), ma deve vedere coinvolte anche le strutture educative, economiche, sociali e politiche che attraverso l’adozione di politiche adeguate (come la legge che ha vietato il fumo nei locali pubblici) possano favorire gli stili di vita più salutari.
2021 ESC Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice. Eur Heart J 2021; 00: 1-111
SCORE2 risk prediction algorithms: new models to estimate 10-year risk of cardiovascular disease in Europe. Eur Heart J 2021; 42: 2439-2454
La risposta è sì: le basse temperature hanno un’influenza negativa sulla Pressione Arteriosa, che tende a salire rispetto ai mesi caldi. Chi soffre di pressione alta quindi in inverno deve prestare particolare attenzione, perché potrebbero salire ulteriormente i valori e salire e di conseguenza potrebbe essere necessario adeguare la terapia in corso.
Ma perché il freddo influenza i valori della Pressione Arteriosa? La pressione dipende principalmente da due fattori:
La frequenza cardiaca
La resistenza dei vasi sanguigni al passaggio
del sangue.
Il caldo provoca una dilatazione dei vasi sanguigni e quindi permette alla pressione di abbassarsi. Il freddo al contrario causa un restringimento dei vasi arteriosi e la pressione deve alzarsi per far scorrere il sangue nelle vene ristrette. A questo andamento fisiologico spesso si aggiungono anche fattori esterni come il fatto che in inverno si sta meno all’aria aperta, si fa una vita meno attiva e si tende a mangiare di più e meno sano, con un conseguente aumento di peso. La crescita dei valori della pressione in inverno può diventare quindi un problema per chi già soffre di ipertensione e segue una terapia, ma anche per chi non ne soffre normalmente ma potrebbe veder alzarsi la propria pressione a causa delle temperature rigide.
I SINTOMI A CUI PRESTARE ATTENZIONE
Spesso l’Ipertensione è asintomatica, ma alcuni fastidi non vanno sottovalutati, perché se compaiono possono essere il segnale di un aumento dei valori della pressione:
Mal di testa, nello specifico al mattino al risveglio
Vertigini
Ronzii alle orecchie
Vista annebbiata
Sensazione di stordimento
Sangue dal naso
Fiato corto
Sensazione di pulsazioni nel collo o nella testa
Se si sperimenta uno o più di questi sintomi è bene misurare subito la pressione e se si riscontrano valori elevati (o più elevati del solito) bisogna rivolgersi al più presto al proprio medico, che potrà adeguare la terapia in corso ai nuovi valori o decidere come procedere. Questo per prevenire le conseguenze più gravi della Pressione Alta, come danni cardiovascolari, insufficienza cardiaca, infarto, Ictus, ma anche danni alla vista e ai reni. Ricordiamo a tutti che i valori normali della pressione si attestano sui 115-140 mmHG come massima e 75-90 mmHg come minima. Si parla di Ipertensione con valori di 40-90 mmHg o più.
PREVENIRE L’AUMENTO DELLA PRESSIONE IN INVERNO
Non si può sicuramente agire sul restringimento dei vasi sanguigni dovuto al freddo, ma si può prestare attenzione alle proprie abitudini di vita per prevenire un brusco aumento della pressione con conseguenze rischiose per la propria salute.
Una buona abitudine è quella di proteggersi bene dal freddo se si sta all’aria aperta, cercando di uscire nelle ore più calde e di fare almeno 30 minuti di attività fisica al giorno. Anche in inverno bisogna infatti cercare di mantenere una vita attiva e poco sedentaria, insieme a una dieta sana, con pochi zuccheri, pochi grassi e poco sale.
Se lo stile di vita da solo non basta e in inverno si assiste a una crescita dei valori della propria pressione allora è bene consultare rapidamente il medico per valutare se modificare il proprio piano terapeutico.
Il 29 Ottobre 2021 sarà il World Stroke Day, ovvero la Giornata Mondiale contro l’ICTUS, organizzato come ogni anno dalla World Stroke Organization, l’unico organismo globale focalizzato esclusivamente sull’ictus. In tutto il mondo esistono associazioni come la World Stroke Organization (WSO) che ogni giorno lottano contro questa terribile malattia cercando sensibilizzare la popolazione e il sistema Sanitario alla cura, all’assistenza e soprattutto alla prevenzione dell’ICTUS.
Questa giornata ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sull’ICTUS. Ma come possiamo, nel nostro piccolo, cercare di fare prevenzione prima che sia troppo tardi? Fare prevenzione all’ICTUS significa tutelare il proprio benessere attraverso uno stile di vita sano, seguendo una dieta bilanciata ed equilibrata, facendo movimento, evitando di fumare e controllando regolarmente pressione arteriosa, Fibrillazione Atriale, glicemia e colesterolo.
Lo stile di vita è la base di partenza di ogni azione di prevenzione dell’ICTUS perché è da lì che deriva la presenza o meno dei principali fattori di rischio ICTUS, che sono perlopiù modificabili, controllabili o curabili.
SEGUIRE UNA DIETA EQUILIBRATA
L’alimentazione ha una grandissima influenza sulla salute e
sul benessere ed è responsabile di molti dei fattori di rischio ICTUS come
diabete, colesterolo alto, ipertensione e sovrappeso. Grazie al contributo della
Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), si è scoperto che una corretta
alimentazione aiuterebbe a prevenire anche l’ICTUS. Una dieta sana ed
equilibrata contribuisce anche a ridurre il peso corporeo, un’altra buona norma
nella prevenzione dell’ICTUS.
Studi scientifici dimostrano come una dieta equilibrata prevede la riduzione del consumo di grassi e condimenti di origine animale, privilegiando i grassi di origine vegetale come l’olio extravergine d’oliva, la riduzione del consumo di carni rosse, fritti e zucchero, aumentando il consumo di pesce, frutta e verdura, cereali integrali e legumi. Occorre anche ridurre fortemente il consumo di sale e limitare gli alcolici.
FARE ATTIVITA’ FISICA
L’attività fisica moderata dovrebbe essere alla base di uno
stile di vita sano. Ognuno deve scegliere l’attività fisica più adatta al
proprio fisico, alla propria età, alle eventuali patologie: il nuoto o la
camminata veloce per almeno 2-3 volte a settimana per stimolare l’organismo a
mettere in moto tutti i meccanismi necessari a garantire il miglioramento del
funzionamento dell’apparato cardiocircolatorio e quindi del cuore. Quando si
parla di attività fisica, non ci si riferisce esclusivamente agli esercizi
aerobici come il jogging, il footing, il nuoto, ma anche ad altre attività che
si effettuano quotidianamente quali salire le scale, parcheggiare l’auto
lontano e camminare a piedi, il giardinaggio.
Un’attività fisica regolare consente di moderare il peso, abbassare la pressione, ridurre il colesterolo cattivo a favore di quello buono, diminuire i grassi nel sangue e rafforzare i vasi sanguigni. In poche parole uno stile di vita attivo è fondamentale per ridurre i fattori di rischio ICTUS.
SMETTERE DI FUMARE
Secondo l’American Heart Association le patologie
cardiovascolari hanno un’incidenza del 70% in più nei fumatori rispetto ai non
fumatori. Il fumo di sigaretta, infatti ha un ruolo diretto nell’ispessimento e
nell’indurimento dei vasi sanguigni, rendendo i percorsi più stretti e
generando quindi maggiore sforzo per il cuore (battito cardiaco aumentato) e
favorendo l’insorgere di ipertensione arteriosa e coaguli di sangue.
In generale dopo 5 anni da quando si smette di fumare, il rischio ICTUS si riduce al pari di quello di un non fumatore, per cui vale sempre la pena smettere di fumare, a qualunque età!
CONTROLLARE REGOLARMENTE LA PRESSIONE E LA FIBRILLAZIONE ATRIALE
Ipertensione e Fibrillazione Atriale sono i due principali
fattori di rischio ICTUS.
La Pressione andrebbe controllata con regolarità e se le
modifiche allo stile di vita e all’alimentazione non sono sufficienti per
mantenerla nei valori consigliati, allora è necessario consultare il proprio
medico per la terapia più appropriata da seguire. Inoltre, per lo screening e
la prevenzione del rischio ICTUS è fondamentale tenere monitorata l’insorgenza
della Fibrillazione Atriale. Gli studi hanno dimostrato che il 20% degli ICTUS ischemici
sono causati da questa aritmia cardiaca prevalentemente asintomatica.
Esistono in commercio alcuni apparecchi per la misurazione
della pressione molto precisi e scientificamente validati anche per la
rilevazione della Fibrillazione Atriale, per cui basta dotarsi di uno di questi
misuratori o rivolgersi al proprio farmacista. In caso di rilevazione della
Fibrillazione Atriale bisogna affidarsi subito al proprio medico, che
individuerà la terapia farmacologica più adatta a ciascun paziente.
A cura di Prof. Stefano Omboni Istituto Italiano di Telemedicina e Department of Cardiology, Sechenov First Moscow State Medical University
SCREENING DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE MEDIANTE MISURAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA
Tradizionalmente il modo più semplice ed utilizzato per effettuare uno screening della fibrillazione atriale è la palpazione del polso radiale, che andrebbe effettuata in maniera opportunistica nei soggetti di età ?65 anni e in maniera sistematica nei soggetti di età ?75 anni o di ogni età con fattori di rischio per ictus. Il limite di questo approccio è la bassa specificità, cioè l’alta percentuale di falsi positivi (tra il 20 e il 30%). Altre tecnologie di screening che includono elettrocardiografi portatili monocanale, smartwatch, o app che rilevano la forma d’onda pulsatile del dito mediante la fotocamera dello smartphone si sono rivelate utili, anche se non sempre facilmente reperibili. Questi strumenti peraltro necessitano di un’attenta collaborazione del paziente in fase di rilevazione per evitare artefatti ed inaccuratezze.
Negli ultimi anni è stata introdotta una nuova e semplice forma di screening basata su una tecnologia di rilevazione della fibrillazione atriale mediante misurazione automatica della pressione al braccio. Il successo di questa metodica è legata a vari fattori. In primo luogo, la misurazione della pressione arteriosa sia nell’ambulatorio medico che a casa è una pratica piuttosto comune, soprattutto negli anziani, e quindi il potenziale accesso a questa metodica di screening risulta piuttosto ampio nella popolazione. In secondo luogo, l’ipertensione arteriosa, una condizione molto diffusa nella popolazione anziana, può raddoppiare il rischio di fibrillazione atriale, e quindi la probabilità di rilevare questa condizione in un iperteso durante la misurazione della pressione aumenta rispetto ad un soggetto normoteso. In terzo luogo, essendo basata su una procedura semplice che non necessita di particolare attenzione da parte del paziente risulta più accurata di altre metodologie di screening. Infine, questa metodica di screening della fibrillazione atriale ha dimostrato una bassa percentuale di falsi negativi (5%) e di falsi positivi (6%) (1, 2).
Va ricordato che,
indipendentemente dal tipo di approccio allo screening utilizzato, la diagnosi
deve essere sempre confermata da un tracciato ECG su singola derivazione della
durata di almeno 30 sec o da un ECG a 12 derivazioni, valutato da un medico
esperto nell’interpretazione di anomalie del ritmo cardiaco.
RECENTI EVIDENZE DELL’IMPORTANZA DELLO SCREENING DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE MEDIANTE MISURAZIONE AUTOMATICA DELLA PRESSIONE
La fibrillazione atriale si presente in circa un terzo dei pazienti in forma asintomatica (o silente). Per identificare questa forma molto pericolosa è necessario uno screening sistematico dei soggetti a rischio.
Per questa ragione in un recente studio prospettico Italiano è stata valutata l’incidenza di fibrillazione atriale silente in 14.987 anziani di età ?65 anni (3). Ai pazienti veniva misurata la pressione arteriosa con un misuratore Microlife Watch BP Office dotato di tecnologia per la rilevazione della fibrillazione atriale. In caso di positività per fibrillazione atriale, la stessa veniva confermata da un elettrocardiogramma effettuato da un cardiologo presso il pronto soccorso. L’incidenza di ogni forma di fibrillazione atriale è risultata in linea con quanto noto a livello epidemiologico (2.25% pazienti anno). L’aritmia è risultata più frequente nei maschi anziani, obesi, e nei pazienti con precedente ictus, scompenso cardiaco e insufficienza renale cronica. In uno su quattro pazienti con fibrillazione atriale (0.56% pazienti anni sul totale) è stata diagnosticata una forma silente. Questa era più frequente nelle donne, in età più avanzata (>80 anni), e nei soggetti con valori pressori sistolici più elevati, confermando l’importanza dell’ipertensione arteriosa nella genesi della fibrillazione atriale.
Questo studio ha confermato l’utilità della tecnologia Microlife AFIB nell’ambulatorio medico, per effettuare lo screening della fibrillazione atriale.
APPROCCIO ALLO SCREENING DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE CON LA TECNOLOGIA MICROLIFE AFIB
La rilevazione di fibrillazione atriale risultata tanto più accurata quante più misurazioni vengono effettuate. Una misurazione isolata identificata come affetta da aritmia da fibrillazione atriale non è sufficiente per sospettare la presenza di questa aritmia, soprattutto nei soggetti giovani nei quali l’aritmia respiratoria può mimare una fibrillazione atriale.
E’ quindi necessario effettuare una sequenza di almeno tre misurazioni e in almeno due su tre di esse deve essere rilevata la presenza di una possibile fibrillazione atriale (4, 5). Una proposta di corretta procedura di screening è schematizzata in figura.
Ovviamente,
essendo la metodica basata sulla misurazione della pressione utile
esclusivamente per lo screening, ma non per la diagnosi definitiva di
fibrillazione atriale, questa deve essere confermata da un elettrocardiogramma,
come precedentemente indicato.
Riferimenti bibliografici
1. Stergiou GS, Kyriakoulis KG, Stambolliu E,
Destounis A, Karpettas N, Kalogeropoulos P, Kollias A. Blood pressure
measurement in atrial fibrillation: review and meta-analysis of evidence on
accuracy and clinical relevance. J Hypertens. 2019;37(12):2430-41.
2. Clark CE, McDonagh STJ, McManus RJ.
Accuracy of automated blood pressure measurements in the presence of atrial
fibrillation: systematic review and meta-analysis. J Hum Hypertens.
2019;33(5):352-64.
3. Denas G, Battaggia A, Fusello M,
Franco-Novelletto B, Cancian M, Scalisi A, Pengo V. General population screening
for atrial fibrillation with an automated rhythm-detection blood pressure
device. Int J Cardiol. 2021;322:265-70.
4. Omboni S, Verberk WJ. Opportunistic
screening of atrial fibrillation by automatic blood pressure measurement in the
community. BMJ Open. 2016;6(4):e010745.
5. Verberk WJ, Omboni S, Kollias A, Stergiou
GS. Screening for atrial fibrillation with automated blood pressure
measurement: Research evidence and practice recommendations. Int J Cardiol.
2016;203:465-73.
A cura di Dott. Giuliano Ermini Presidente provinciale a Bologna della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG). Ha portato avanti più di 20 pubblicazioni a stampa in tema di prevenzione cardiovascolare, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco e gastroenterologia.
La Fibrillazione Atriale (FA) è l’alterazione del ritmo cardiaco più frequente dopo le extrasistoli sia atriali che ventricolari. La sua importanza è legata alla sua pericolosità.
Il ritmo irregolare dell’atrio sinistro del cuore,
causato dalla Fibrillazione, non permette la fuoriuscita completa del sangue
verso l’aorta. Tutto questo comporta un ristagno di sangue nell’atrio che
può determinare la formazione di coaguli (trombi), questi poi spinti dalla
contrazione cardiaca possono defluire nell’aorta e quindi nelle arterie che da
lei si dipartono per irrorare tutti gli organi e gli apparati corporei e
provocarne delle ostruzioni (tromboembolie).
L’evento tromboembolico più grave e che oltre a minacciare la vita può causare danni irreversibili invalidanti è quello che può avvenire nel cervello causando l’ICTUS cerebraleo stroke all’inglese. Chi ha una Fibrillazione Atriale rischia un ICTUS 5 volte di più rispetto a chi non l’ha. Circa un quarto di tutti gli ICTUS dopo gli 80 anni è causato dalla Fibrillazione Atriale e gli ICTUS da Fibrillazione Atriale sono più mortali ed invalidanti rispetto a quelli causati da arteriosclerosi.
Per evitare la temibile comparsa dell’ICTUS bisogna al più
presto trattare con anticoagulanti le persone a cui viene riscontrata; unica
possibile eccezione: chi ha meno di 65 anni e non ha Ipertensione Arteriosa,
diabete o problemi cardiocircolatori precedenti.
La Fibrillazione Atriale può anche determinare un’insufficienza
della forza di contrazione del cuore, soprattutto quando interviene in un cuore
già indebolito per l’età o per altre patologie, e può essere causa o anche
effetto del cosiddetto scompenso cardiaco, patologia grave che se non
trattata adeguatamente può condurre a morte in poco tempo.
Ma, anche se sappiamo come trattare la Fibrillazione Atriale e come prevenire i danni che potrebbe causare, il problema non è così semplice, perché si presenta spesso senza sintomi (in questo caso è definita Fibrillazione Atriale silente o Fibrillazione Atriale asintomatica), quindi può decorrere senza che si abbia la consapevolezza di esserne portatori e purtroppo ci se ne può accorgere solo quando è già intervenuto un ICTUS cerebrale o uno scompenso cardiaco. Per questo motivo il portatore di una Fibrillazione Atriale silente, mancando la diagnosi dell’aritmia e di conseguenza senza la prescrizione di un’appropriata terapia anticoagulante, è più a rischio di ICTUS.
UNA SFIDA PER LA MEDICINA
La sfida della medicina è riuscire a rilevare la Fibrillazione Atriale anche quando questa è ‘silente’! Per raggiungere questo scopo vengono impiegate tecniche di screening simili a quelle usate in altri ambiti della medicina, soprattutto in oncologia. A questo fine si individuano le categorie di persone che da indagini precedenti sono considerate più a rischio di sviluppare la Fibrillazione Atriale e si sottopongono ad indagini adeguate al suo riscontro.
Le persone più a rischio di Fibrillazione Atriale, quindi quelle a cui rivolgere più attenzione, e potenziali oggetto di screening sono quelle con le condizioni riportate in figura. La predisposizione genetica, il sesso maschile e l’età avanzata sono comunque i rischi maggiori.
I metodi per l’individuazione di una Fibrillazione Atriale silente sono molteplici. L’esecuzione di un elettrocardiogramma (ECG) classico è l’indagine più precisa ed è considerato il gold standard per la rilevazione della Fibrillazione Atriale; è ovvio, però, che l’ECG comporta un’organizzazione e un tempo di esecuzione che poco di adattano ad uno screening delle molte persone con i rischi indicati nella figura. Più semplice, meno costoso e non interferente con la normale attività giornaliera di uno studio di medicina generale è la rilevazione del battito cardiaco attraverso la palpazione del polso; metodo che però non è dotato di un grande potere predittivo, perché sono numerose le rilevazioni di false positività (cioè un numero rilevante di casi sospetti di Fibrillazione Atriale non è confermato dall’ECG successivo).
LA CONTEMPORANEA RILEVAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA E DEL RITMO CARDIACO
Molti meno falsi positivi si riscontrano con l’uso di apparecchi automatici per misurare la Pressione Arteriosa (sfigmomanometri automatici) idonei anche ad analizzare le pulsazioni cardiache; anche questi strumenti non influiscono nella pratica giornaliera del medico che può sfruttare così l’opportunità della rilevazione del ritmo cardiaco attraverso una normale rilevazione pressoria. L’utilità di questi apparecchi nell’individuazione di Fibrillazione Atriale silente è stata recentemente dimostrata da uno studio eseguito in Veneto che vedeva coinvolti 76 medici di medicina generale che hanno monitorato per un anno nel loro ambulatorio la Pressione Arteriosa di 14987 persone con più di 64 anni usando uno sfigmomanometro automatico facilmente reperibile in qualsiasi negozio di sanitari o farmacia (Microlife WatchBP Office AFIB) (International Journal of Cardiology 322 (2021) 265–270).
ALTRE METODICHE DI RILEVAZIONE
Esistono anche altri strumenti più o meno semplici che
possono rilevare un’aritmia cardiaca. Oggi sono in commercio telefoni
cellulari, orologi, cinture e magliette che hanno anche questo scopo; ne sono stati
contati più di 400 nel mondo!
La diagnosi della Fibrillazione Atriale ‘scovata’ sia con gli
sfigmomanometri che con gli strumenti accennati sopra necessita sempre la
conferma attraverso un misuratore della pressione automatico preciso e
scientificamente validatoo attraverso l’esecuzione successiva di un ECG,
perché, anche se raramente, può comunque essere un’irregolarità del battito
cardiaco di altra origine (falso positivo).
L’eliminazione dei falsi positivi può avvenire se si usano
strumenti più complessi e di uso esclusivamente specialistico cardiologico;
questi sono essenzialmente dispositivi sia esterni (es. Holter) che interni (impiantabili
sottocute con un piccolo intervento chirurgico) che registrano il tracciato
elettrocardiografico da 24 ore a più settimane.
Si crede che l’ICTUS colpisca prevalentemente gli anziani, ma solo in Italia esistono più di 30.000 persone giovani che ne sono state colpite, anche in modo invalidante. Ogni 6 secondi una persona nel mondo viene colpita da ICTUS al cervello, indipendentemente dall’età o dal sesso. In Italia ogni giorno 660 persone, circa 240.000 ogni anno, vengono colpite da ICTUS.
Un dato finale: gli uomini nell’età compresa tra i 50 e i 70 anni sono a maggiore rischio ICTUS rispetto alle donne, soprattutto nei paesi nordici dove è più alto il consumo di grassi animali.
Lo stile di vita è la base di partenza di ogni azione di prevenzione dell’ICTUS, oltre ad una corretta dieta e stile di vita è altrettanto importante svolgere una quotidiana e costante attività fisica.
Il 43% degli italiani non svolge nessun tipo di attività fisica nel tempo libero. Questo è un dato allarmante, perché l’attività fisica moderata dovrebbe essere alla base di uno stile di vita sano.
Benefici cardiovascolari e metabolici dell’attività
fisica
L’attività fisica agisce positivamente su diversi fattori che riguardano l’ICTUS da vicino: Fibrillazione Atriale, invecchiamento, Pressione Arteriosa, patologie croniche, cardiovascolari, metaboliche.
Una attività fisica graduale, sana, regolare e senza sforzi aumenta il colesterolo buono (HDL), diminuisce quello cattivo (LDL), abbassa la Pressione Arteriosa e i livelli di glicemia ma, soprattutto, riduce il rischio di aritmie minacciose e di morti improvvise. Lo sport praticato una volta a settimana e interrotto bruscamente è dannoso.
L’allenamento migliora inoltre il livello generale delle funzioni fisiologiche e lo mantiene nel tempo.
Alcuni studi scientifici affermano che l’esercizio fisico ridurrebbe del 25% i rischi di mortalità da ICTUS. Infatti, la probabilità di un attacco cardiaco risulta essere maggiore nelle persone sedentarie di sesso maschile rispetto a coloro che praticano sport.
Per sport non si intendono eccessive performance, sforzi e la pratica di complicate attività, ma è sufficiente un livello appena accettabile di moto come ad esempio passeggiare. Infatti anche durante l’attività motoria è importante mantenere la propria frequenza cardiaca tra i 60 e 100 battiti al minuto.
Le attività sportive preventive possono essere ad esempio il nuoto, tennis, footing possibilmente all’aperto e comunque mai meno di quattro volte a settimana per non meno di 40 minuti. Devono essere eseguite con costanza, gradualità e rispettando gli adeguati tempi di recupero. Ovviamente l’attività fisica è sconsigliata quando fa caldo o troppo freddo, dopo aver mangiato abbondantemente o, al contrario, senza aver mangiato (ci si deve alimentare almeno 3 ore prima dell’attività fisica).
Quando la persona ha già avuto una patologia cardiaca e/o è
stato operato per correggere una patologia coronarica, diventa fondamentale
l’attività fisica controllata per migliorare l’efficacia dell’intervento e
prevenire ulteriori recidive.
Quale ginnastica è maggiormente consigliata?
Si inizia con movimenti singoli, detti propedeutici, per sviluppare i giusti livelli di forza, coordinazione, flessibilità ed equilibrio. Solo in una seconda fase si combinano gli esercizi tra loro.
In generale le attività più impiegate per rinforzare cuore e
arterie sono:
esercizi aerobici, idonei per l’allenamento dei muscoli e all’aumento del fiato. Si usano, di solito, cyclette o tapis roulant e dopo delle sessioni in palestra la persona è bene che continui ad andare a passeggiare anche all’aperto per rinforzare la sua autonomia;
ginnastica calistenica, una pratica molto antica che permette di performare movimenti armonici, si ripetono azioni varie volte, fino ad abituare il corpo a svolgerle nel miglior modo possibile. La ginnastica calistenica viene utilizzata sia in condizioni di prevenzione ma anche a scopo riabilitativo per soggetti molto decondizionati (anziani, convalescenti, persone molto sedentarie). Sfrutta tutti i benefici degli esercizi a corpo libero di tipo funzionale, aerobico e anaerobico. Esalta il movimento con un lavoro di forza ed equilibrio, coinvolgendo tutte le fasce muscolari in modo graduale;
stretching muscolare, si basa sull’allungamento di muscoli e legamenti con movimenti di trazione lenti fatti in autonomia o con l’aiuto del fisioterapista. Questa attività permette di avere più elasticità e muoversi meglio.
Per concludere è possibile dire che non è mai tardi per iniziare a svolgere una adeguata attività fisica; non si deve arrivare a pensare che con l’età la possibilità di migliorare la propria efficienza fisica diminuisca, ma si deve cercare invece di mantenerla costante il più a lungo possibile.
Le palpitazioni sono battiti cardiaci violenti o accelerati che generalmente si possono avvertire nel petto, nella gola o nel collo. Come riportato dall’ISS, l’Istituto Superiore di Sanità, le palpitazioni sono causate da accelerazioni del battito cardiaco. Quando si verificano il ritmo cardiaco può essere normale o anomalo. Generalmente il cuore umano batte tra le 60 e le 100 volte al minuto. Possono derivare da situazioni di stress, da attività fisica troppo intensa, da farmaci o, in qualche raro caso, da malattie.
Negli atleti o nelle persone che assumono farmaci per rallentare il ritmo cardiaco i battiti possono essere meno di 60 (bradicardia). Al contrario, se la frequenza cardiaca supera i 100 battiti al minuto la persona soffre di tachicardia, mentre i battiti cardiaci in più si chiamano extrasistoli.
Sebbene siano motivo di preoccupazione, le palpitazioni solo in casi rari possono provocare conseguenze più gravi come un disturbo cardiaco serio o come una irregolarità del battito (Fibrillazione Atriale o aritmia).
I sintomi
delle palpitazioni al cuore
Quando si avvertono delle palpitazioni è come se sentisse un salto del battito del cuore, che provoca un senso di scuotimento al petto, un ritmo anomalo del battito, un’accelerazione del battito oppure un ritmo del battito del tutto irregolare.
Queste sensazioni, come anticipato, si possono avvertire sia in condizioni di riposo, sia in movimento a livello della gola, del collo e, in generale, del torace. Se si tratta di fenomeni che durano pochi attimi, la maggior parte delle volte innocui. Se invece palpitazioni si avvertono con frequenza crescente oppure attraverso un dolore al torace, svenimento , respiro corto e affannoso o sensazione di capogiri e vertigini allora è necessario rivolgersi al medico che può suggerire di sottoporsi al monitoraggio nelle 24 ore della frequenza cardiaca, tramite holter cardiaco per verificare che non vi siano problemi seri al cuore oppure di un regolare monitoraggio della pressione arteriosa con un dispositivo in grado di osservarne la frequenza cardiaca ed in particolare la presenza di Fibrillazione Atriale, come propone Microlife con AFIB Advanced Easy, il dispositivo più preciso e affidabile secondo i rigidi protocolli AAMI/ESH/ISO.
Le cause
delle palpitazioni al cuore
Le cause più frequenti di palpitazione sono riassumibili in stati emotivi dovuti a stress, ansia o attacchi di panico, attività fisica eccessiva (in particolare in condizioni di caldo intenso in estate), depressione, uso di sostanze come caffeina, bevande energizzanti, nicotina, cocaina, anfetamine e decongestionanti nasali a base di pseudo efedrina, usati in caso di raffreddore o tosse, febbre, variazioni a livello ormonali, dovute al ciclo mestruale, gravidanza o menopausa, alti o bassi livelli di ormoni tiroidei.
Le cause possono essere legate anche ad interventi chirurgici al cuore, ipertiroidismo o cardiopatie, con aritmia o deficit della funzione cardiaca che sono responsabili di tachicardia, un ritmo cardiaco accelerato, o, al contrario, un battito troppo lento ovvero bradicardia.
L’estate rappresenta gioia e dolori per le persone che soffrono di Ipertensione: se da un lato, infatti, l’aumento delle temperature può far calare i valori di massima e minima durante il giorno, dall’altro è necessario prestare attenzione per evitare cali pressori eccessivi, proteggendosi dal caldo e dalle giornate afose, soprattutto quando si assumono farmaci anti-ipertensivi.
Oggi si parla infatti di stagionalità dell’Ipertensione: da varie ricerche risulta che la Pressione (sia sistolica che diastolica) aumenti lievemente in inverno, si abbassi in estate e si assesti su valori intermedi in autunno e primavera. Questo fenomeno sembra più accentuato negli anziani, il ruolo chiave sembra averlo, la vasodilatazione arteriosa, chiamata anche cutanea, indotta dal caldo, il quale provoca una diminuzione delle resistenze vascolari periferiche e la riduzione del volume del sangue in circolazione legata alla sudorazione eccessiva ed alla perdita di liquidi e di sodio, che non vengono reintegrati in modo sufficiente, soprattutto nei pazienti anziani che notoriamente bevono poco. Inoltre è sempre durante l’estate che aumenta maggiormente la pressione notturna e questo potrebbe essere attribuito ad una qualità del sonno peggiore a causa del clima afoso e all’utilizzo eccessivo di aria condizionata, sia di giorno che di notte che influenza una maggiore variabilità della Pressione nell’arco delle 24 ore. I pazienti ipertesi e cardiopatici sono particolarmente suscettibili agli effetti negativi del caldo e possono manifestare episodi di Ipotensione Arteriosa, ovvero una diminuzione della Pressione Arteriosa, soprattutto nel passaggio da una posizione sdraiata ad una posizione eretta.
I repentini abbassamenti dei valori pressori possono determinare sintomi piuttosto fastidiosi come stanchezza, nausea, affaticamento, gambe deboli, vista offuscata, vertigini e nei casi più gravi a veri e propri collassi. Se tali fenomeni si verificano di frequente e con una certa intensità è necessario contattare il medico che sarà in grado di fornire i giusti consigli sulle modalità di intervento.
Una domanda che può sembrare banale ma che sorge spontanea è
come mai il caldo crea problematiche nei pazienti ipertesi?
Il caldo può aumentare esponenzialmente l’effetto di molti farmaci utilizzati per la cura dell’Ipertensione Arteriosa e di molte malattie cardiovascolari. Durante la stagione calda è opportuno, quindi, effettuare un controllo autonomo più assiduo della Pressione Arteriosa, tramite dispositivi clinicamente validati, precisi e affidabili e richiedere il parere del medico curante per eventuali aggiustamenti della terapia (soprattutto per dosaggio e tipologia di farmaci).
CONSIGLI PRATICI
Il primo consiglio è indubbiamente quello di bere molta acqua, almeno 1 litro al giorno, per reidratarsi e contrastare la perdita dei liquidi e sali minerali causati dalla sudorazione evitando bevande fredde, alcoliche, zuccherate, gassate. Anche bagnarsi spesso con acqua fresca le mani, i polsi, le caviglie, i piedi, il viso, ed il collo aiuta il corpo alla reidratazione e a ritrovare una sensazione di benessere.
In secondo luogo è fondamentale evitare di esporsi direttamente ai raggi solari coprendosi il capo, vestirsi in modo leggero per facilitare la termoregolazione e in particolar modo di praticare sport o sforzi fisici nelle ore più calde della giornata: in particolare evitare le ore più calde tra le 12 e le 18.
Un altro importante consiglio è quello di aumentare il consumo di cibi freschi, in particolare frutta, anche secca, e verdura (ricchi in acqua e potassio come le albicocche, i pomodori, i cetrioli, l’anguria, il melone e le banane), anche sotto forma di frullati o centrifugati, assumere pasti leggeri e conservare correttamente i cibi. Preferire il pesce alla carne e i formaggi freschi a quelli stagionati.
Altre fondamentali misure preventive sono:
misurare frequentemente la Pressione, possibilmente a domicilio con apparecchi al braccio, facili ma precisi e affidabili, come Microlife AFIB Advanced Easy;
porre grande attenzione alla presenza di sintomi legati ad Ipotensione come spossatezza, giramenti di testa, sudorazione, sensazione di svenimento;
evitare di alzarsi velocemente dal letto, che potrebbe portare anche perdita di coscienza (sincope) e abituarsi a passare dalla posizione sdraiata a quella seduta e, dopo qualche istante, alla posizione eretta). Se bisogna alzarsi dal letto, soprattutto nelle ore notturne, è necessario non farlo mai bruscamente, ma fermarsi in posizioni intermedie (esempio: seduti al bordo del letto per alcuni minuti) prima di alzarsi in piedi;
dormire con le gambe sollevate su di un cuscino, in quanto come già detto, il caldo rallenta la circolazione e favorisce il ristagno di liquidi negli arti inferiori causando abbassamenti di pressione;
utilizzare un ventilatore, o un condizionatore ove sia possibile.
Qualora ce ne fosse bisogno e sempre sotto controllo medico, andrebbe ridotta la terapia antipertensiva, riducendo il dosaggio dei farmaci stessi e in alcuni casi nei pazienti con ipertensione notturna spostare l’assunzione delle medicine alla sera anziché di giorno.
Uno studio del gruppo di Tang, riportato sulla prestigiosa rivista Hypertension mette in luce un aspetto poco conosciuto, ovvero come la qualità del sonno incida sui valori della Pressione. In particolare, come riporta la SIIA (Società Italiana Ipertensione Arteriosa), la presenza di insonnia determina un aumento del rischio di Ipertensione. I risultati allo studio hanno dimostrato come la presenza di insonnia ha determinato un incremento del rischio di Ipertensione oltre il 300%.
Oggi sappiamo che il momento di maggiore incidenza di ICTUS ricade proprio nelle prime ore della mattina nel momento di sonno-veglia (ovvero alle ultime ore del sonno prima del risveglio) e anche che lo scarso controllo dei valori della Pressione, della Fibrillazione Atriale e della glicemia si associa ad un aumentato rischio di sviluppare complicanze cardiovascolari.
Sempre attraverso lo studio sopraindicato sono emersi dati davvero interessanti: 1- L’aumentato rischio di ICTUSe di complicanze cardio e cerebrovascolari è indipendente dalla presenza di fattori di rischio concomitanti, come età avanzata, sesso, indice di massa corporea elevato, indice apnea-ipopnea aumentato, diabete, fumo, uso di alcool o di caffeina. Gli autori nella rivista Hypertension riportano che “rispetto ai normali dormitori che si sono addormentati in fretta, le persone con insonnia che hanno avuto bisogno di più di 14 minuti per addormentarsi durante il giorno avevano tre volte di più le probabilità di avere valori di pressione sanguigna alta o la diagnosi medica di ipertensione”
2- La frequenza di Ipertensione è risultata maggiore nei soggetti con insonnia in modo direttamente proporzionale alla durata degli episodi di risveglio (“arousal”).
3- I livelli di Pressione Arteriosa sono risultati accresciuti nei soggetti con insonnia in modo direttamente proporzionale alla durata degli episodi di risveglio, sia per la pressione sistolica che per la pressione diastolica.
A tal proposito, da diversi anni le raccomandazioni delle linee guida europee per la diagnosi e la cura dell’Ipertensione sottolineano l’importanza di considerare la persona con Ipertensione Arteriosa nella sua complessità, intesa come profilo di rischio cardiovascolare. In questa complessità potrebbe trovar presto spazio anche l’inquadramento delle abitudini del sonno e l’analisi del ritmo sonno-veglia, al fine di personalizzare gli interventi terapeutici anche in base a queste caratteristiche personali e cliniche e garantire un efficace e persistente controllo dei valori pressori durante le intere 24 ore, sia durante le ore di veglia che durante le ore di “meritato riposo”.
La qualità del sonno può influire molto sull’aumento della Pressione Arteriosa. Dormire ad esempio sul lato destro è l’ideale per chi soffre di Pressione alta. In questa posizione, infatti, il cuore avrà più spazio sul lato sinistro della cavità toracica, portando a un lieve abbassamento della Pressione. Il fianco destro è una buona ‘medicina’ anche per il cervello e il sistema nervoso.
In generale si raccomanda uno screening continuo per la Pressione alta di tutti gli adulti di età superiore ai 18 anni, a prescindere dal sonno. Lo screening della Pressione Arteriosa così come quello della Fibrillazione Atriale riduce i danni e il rischio di ICTUS. Fare la diagnosi di Ipertensione basata solo su una lettura dal medico per alcune persone può portare a dati poco efficaci. Questo può accadere per le persone che si suggestionano particolarmente in uno studio medico e che possono pertanto avere la Pressione alta all’interno dello studio medico e normale al di fuori. Per questo motivo, viene consigliato che le misurazioni della Pressione siano ripetute fuori lo studio medico durante il corso della giornata prima di confermare che la Pressione alta sia sintomo di Ipertensione.