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EFFETTO CAMICE BIANCO E IPERTENSIONE

Premessa

A volte ottenere una misurazione accurata dei valori della pressione non è semplicissimo. La precisione della misurazione non dipende solo dall’accuratezza del dispositivo di misurazione utilizzato ma anche da fattori più “soggettivi”. La Pressione Arteriosa, infatti, è un parametro estremamente variabile che può essere influenzato anche da numerosi fattori fisici, psicologici e ambientali che agiscono su di essa durante il giorno. Il non tenere conto di queste diverse influenze che agisce sulla Pressione Arteriosa, può determinare diagnosi errate e una gestione inadeguata dell’Ipertensione.

Impatto emotivo della misurazione della Pressione Arteriosa effettuata da un medico

È noto da decenni che la misurazione della Pressione Arteriosa da parte di un medico induce una reazione pressoria nel paziente. L’aumento della Pressione Arteriosa in presenza di un medico si rende evidente fin dall’inizio, prima dell’effettiva misurazione con il bracciale, persiste per 10/15 minuti e si accompagna ad un aumento parallelo della frequenza cardiaca. Questo fenomeno è stato interpretato come il risultato di una reazione di allarme da parte della persona nei confronti dell’esame medico, una reazione che viene denominata “effetto camice bianco”.

L’effetto camice bianco riguarda il rialzo pressorio generato dalla reazione emotiva del paziente, che può condizionare la diagnosi finale, ovvero l’Ipertensione da camice bianco.

Secondo gli studiosi, in pratica si verificherebbe nell’iperteso “emotivo” una risposta di “allarme” che pervade tutto il corpo, destinata poi a scomparire quando il medico non è presente. Ciò implica che le misurazioni effettuate nello studio medico o in ambiente clinico possono condurre ad errori nel diagnosticare l’Ipertensione e nello stabilire gli effetti del trattamento antipertensivo. La definizione più comune di Ipertensione da camice bianco in numeri può essere definita quando la Pressione Arteriosa sistolica entra nel range 140-159mmHg o Pressione Arteriosa diastolica nel range 90-99mmHg per almeno 3 occasioni, a fronte di valori normali ottenuti con il monitoraggio ambulatorio della Pressione Arteriosa nelle 24 ore.

Nel 10% circa dei casi, il solo fatto di misurare la pressione nello studio medico è sufficiente per generare uno stress (spesso non avvertito dall’interessato/a) che causa un aumento della pressione: si parla in questi casi di Ipertensione da camice bianco. In questa situazione, il medico può rilevare pressioni sempre o spesso anormali a fronte di valori normali o, comunque, molto inferiori quando la pressione viene misurata a domicilio (dallo stesso interessato/a o dai suoi familiari). Diventa allora indispensabile comprendere bene quali sono i valori pressori “reali” prima d’intraprendere una terapia farmacologica o, nel caso sia già stato iniziato un trattamento, di modificarlo.

Auto misurazione della Pressione Arteriosa

L’automisurazione della Pressione Arteriosa svolge un ruolo centrale sia nel monitoraggio privo di stimoli e di effetti da camice bianco, sia nella valutazione della risposta a lungo termine ai farmaci antiipertensivi al di fuori dello studio medico.

Le possibilità in questo senso sono essenzialmente due: l’automisurazione domiciliare e il monitoraggio automatico nelle 24 ore. L’automisurazione viene attualmente considerata una modalità affidabile, in grado di sostituire la misurazione da parte del medico soprattutto in caso di reazione da camice bianco (eventualità in cui costituisce anzi l’unica modalità di misurazione); in questo frangente occorre però ricordare che i valori di riferimento sono lievemente differenti rispetto a quelli che derivano da misurazioni in ambulatorio e che, quindi, a una misurazione dal medico di 140/90 mmHg corrisponde un valore di 135/85 mmHg misurato dal paziente a domicilio.

Nel monitoraggio della pressione nelle 24 ore, si utilizza un apparecchio automatico, l’Holter ECG: è sempre presente il manicotto intorno al braccio, collegato con un piccolo apparecchio (solitamente portato in cintura o a tracolla) che gonfia e sgonfia il manicotto e, rilevando le pulsazioni dell’arteria del braccio, misura la pressione, conservandola nella sua memoria elettronica.

Durante il monitoraggio vengono eseguite numerose determinazioni, ripetute in circostanze diverse (durante le normali attività quotidiane, il riposo, il sonno ecc.): l’insieme di queste informazioni consente di avere una valutazione più accurata della pressione. Si tratta però di un procedimento più fastidioso a causa della presenza dell’apparecchio e del periodico gonfiarsi e sgonfiarsi del manicotto. Per questo motivo il monitoraggio della pressione nelle 24 ore viene riservato a casi particolari, quando le informazioni ottenibili misurando la pressione a casa non sono sufficienti per prendere le decisioni necessarie: stabilire se si è di fronte a vera Ipertensione o solo a una reazione di allarme dovuta alla misurazione stessa, comprendere se la terapia assicura un controllo adeguato in tutte le fasi della giornata e della notte ecc…

È molto importante utilizzare dispositivi domiciliari scientificamente validati e pensati ad hoc per pazienti difficili, con la possibilità di sfruttare tecnologie avanzate tramite rigidi protocolli ISO e BIHS.

È bene ricordare che la misurazione della Pressione Arteriosa non deve essere effettuata frettolosamente. Per evitare di dimenticare i valori misurati, essi devono essere annotati subito dopo la misurazione della pressione. È fondamentale sapere come misurare la Pressione Arteriosa in modo corretto, perché il risultato deve essere “giusto” e, quindi, utilizzabile dal medico. Ecco cosa si deve fare:

  • stare a riposo per almeno cinque minuti;
  • non fumare o bere caffè per almeno mezz’ora;
  • non indossare indumenti troppo aderenti e che possono costringere la vita e il braccio. Per evitare costrizioni, non arrotolare le maniche della camicia che normalmente non interferiscono con il bracciale anche se questo viene indossato sopra;
  • stare seduti comodamente e ben appoggiati allo schienale;
  • non incrociare in alcun modo le gambe o i piedi;
  • appoggiare il braccio sul tavolo facendo attenzione che sia all’altezza del cuore;
  • effettuare la misurazione della pressione sempre sullo stesso braccio (in genere il sinistro).
  • indossare il bracciale correttamente intorno al braccio (come indicato nel manuale d’uso del dispositivo) facendo attenzione che questo sia della dimensione adeguata;
  • stringere il bracciale, ma non troppo;
  • assicurarsi che il bracciale sia posizionato 2 cm sopra il gomito. L’indicatore dell’arteria, normalmente riportato sul bracciale, deve essere posizionato sopra l’arteria che corre lungo il lato interno del braccio;
  • durante la misurazione non muoversi, rilassare i muscoli del braccio, respirare normalmente e non parlare;
  • misurare una prima volta la pressione dopo aver appoggiato il braccio al tavolo da almeno 1
  • minuto;
  • effettuare almeno una seconda misurazione, tre sarebbero meglio, con una pausa non inferiore ai 15 secondi tra una misurazione e l’altra;
  • se l’apparecchio non memorizza le misurazioni o viene utilizzato da più persone in famiglia, annotare subito i risultati su un foglio.

 

Fonte:

SIIA

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DIETA DASH: COS’E’ E COME FUNZIONA

La Dieta DASH – acronimo che sta per Dietary Approaches to Stop Hypertension, ovvero approcci dietetici per combattere l’Ipertensione – è un regime alimentare sviluppato dall’U.S. National Institutes of Health per mantenere cuore e apparato cardiovascolare in salute, soprattutto in condizioni di pressione arteriosa elevata.

Lontana dalle campagne mediatiche, dalle tendenze dell’ultima ora e dai lustri dei social, la dieta DASH ha conquistato un posto di assoluto rilievo nell’attuale panorama dietetico e clinico.

Oltre ad offrire una vera e propria terapia nutrizionale per l’Ipertensione, la dieta DASH si è rivelata particolarmente efficace anche nel prevenire e controllare patologie cronico-degenerative come l’osteoporosi, il cancro, le patologie cardiovascolari ed il diabete.

Non di meno, in declinazioni leggermente diverse, la DASH ha ottenuto importanti successi nel trattamento dell’obesità e del sovrappeso, offrendo notevoli proprietà dimagranti. Per questi motivi la Dieta DASH è oggi molto apprezzata dalla comunità scientifica, ricevendo riconoscimenti da diversi enti, tra i quali l’American Heart Association.

COM’E’ NATA LA DIETA DASH

La Dieta DASH è stata proposta per la prima volta nel 1996 in occasione di un congresso dell’American Heart Association e pubblicata nell’anno successivo sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine.

Per mettere a punto questa proposta, e valutare se e come un particolare tipo di alimentazione potesse modificare la Pressione Arteriosa, i ricercatori hanno coinvolto oltre 450 persone e le hanno seguite per 8 settimane. Tutti i partecipanti sono stati suddivisi in 3 gruppi omogenei:

  • nel primo gruppo (gruppo di controllo) le persone continuavano a seguire l’abituale regime alimentare tipico degli Stati Uniti;
  • nel secondo gruppo (gruppo frutta e verdura), pur continuando a seguire l’abituale stile alimentare, i partecipanti dovevano ridurre il consumo di snacks e aumentare il quantitativo di frutta e verdura;
  • nel terzo gruppo (gruppo di intervento nutrizionale), la dieta abituale veniva sostituita con un’alimentazione ricca di verdura, frutta, prodotti integrali, frutta secca a guscio e latticini con un ridotto contenuto di grassi. Veniva inoltre ridotto significativamente il consumo di prodotti ricchi di grassi animali e colesterolo.

Nonostante non siano state osservate variazioni nel peso, la dieta del gruppo di intervento nutrizionale (gruppo 3) è risultata in grado di ridurre maggiormente la Pressione Arteriosa in confronto alle altre due diete, già dopo 2 settimane. In particolare, la dieta seguita dal terzo gruppo, definita in seguito Dieta DASH, era in grado di ridurre mediamente di 5,5mmHg la pressione sistolica e di 3mmHg la diastolica.

Il risultato ottenuto dopo aver seguito per 8 settimane la Dieta DASH era analogo a quello osservato nei pazienti che seguivano un trattamento farmacologico di fase I per l’Ipertensione.

Questo risultato, e le conferme prodotte in ricerche successive, hanno contribuito ad affermare il ruolo che può avere l’alimentazione nel prevenire e migliorare alcune condizioni patologiche, come l’Ipertensione.

La dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension) è stata classificata come la migliore e più sana contro l’Ipertensione e il diabete per 3 anni consecutivi. È stato dimostrato che riduce la Pressione Arteriosa e il colesterolo, come anche è ottima da seguire in caso di presenza di alcune patologie.

Un altro caposaldo della DASH è evidentemente l’attività fisica, binario che corre parallelamente alla dieta nel preservare lo stato di salute.

COME PIANIFICARE UN MENÙ DASH?

La Dieta DASH non richiede l’utilizzo di alimenti speciali o ricette articolate, ma è basata sulla presenza più frequente di alcune categorie di prodotti e la riduzione di altre per un totale di circa 2000Kcal al giorno.

Quali alimenti preferire?

In generale, questa dieta prevede l’assunzione di molta frutta e verdure non amidacee, ma anche porzioni moderate di prodotti lattiero-caseari senza grassi, cereali integrali, carni magre, pollame, fagioli, soia e cibi a base di uova o sostituti delle uova, pesce, noci e semi, grassi sani per il cuore come l’olio d’oliva.

Verdura e frutta contengono naturalmente pochissimo sodio e abbondante potassio, pertanto, un’alimentazione in cui i vegetali sono abbondanti, permette automaticamente di ridurre l’apporto di sodio ed aumentare il potassio. Inoltre, l’utilizzo di aromi e spezie rende i piatti saporiti permettendo di ridurre il quantitativo di sale utilizzato.

Riassumendo:

  • Cereali, preferendo quelli integrali e a chicco piuttosto che le farine e non superando le 3 porzioni al giorno;
  • Verdure e ortaggi, naturalmente ricche in potassio e magnesio, per almeno 3 porzioni al giorno;
  • Frutta, da utilizzare preferibilmente come spuntino e merenda, e da consumare, ove possibile, con la buccia per 2-3 porzioni al giorno;
  • Carne magra, pollame e pesce, puntando sempre ai tagli ed alle varietà più magre, e da abbinare sempre ad un contorno di verdure. Preferire il più possibile pesce ricco di Omega 3 e mantenersi complessivamente entro le 2 porzioni, ossia non più di 200g per la carne e 300 per il pesce;
  • Frutta a guscio, semi e legumi, ricchi in acidi grassi essenziali, magnesio e potassio, per un totale di 4-5 porzioni a settimana;
  • Latte e derivati, preferendo evidentemente quelli magri e lo yogurt, per non più di 2 porzioni al giorno e preferibilmente non tutti i giorni;
  • Grassi e oli da condimento, cercando di privilegiare il consumo di olio extravergine di oliva o oli ad alto tenore di acidi grassi monoinsaturi per massimo 2-3 porzioni al giorno.

Quali alimenti limitare?

Sale, grassi animali, zucchero, insaccati e affettati, prodotti lavorati e ricchi di additivi. Limitare il consumo di cibo preparato con cereali raffinati come pane bianco e dolci.

Infine, poiché la principale fonte di sodio nella dieta è rappresentata dagli alimenti lavorati come insaccati, formaggi stagionati, piatti già pronti e alcuni prodotti industriali da forno, riducendo il più possibile queste categorie sarà più facile controllare il sodio nei propri menù.

LA DIETA DASH HA CONTROINDICAZIONI?

A chi vuole utilizzare la dieta DASH per controllare i suoi problemi di salute, consigliamo in ogni caso di rivolgersi sempre al proprio medico o nutrizionista. Come per qualsiasi protocollo dietetico, vi saranno degli alimenti indicati ed altri a cui invece dovrai rinunciare.

In generale la dieta Dash non presenta grandi controindicazioni, se non il fatto che il fai da te è sconsigliato. Se volete abbassare la Pressione Arteriosa e perdere peso (l’obesità è una tra le principali cause di rischio ICTUS) è fondamentale rivolgersi ad un esperto che stilerà un piano personalizzato in base ad età, attività svolte, analisi del sangue, valori della Pressione Arteriosa, se si soffre di patologie o se si assumono farmaci.

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I DATI DELL’ICTUS IN ITALIA

In Italia, l’ICTUS conta in Italia circa 200.000 casi ogni anno, di cui l’80% sono nuovi episodi e il 20% recidive, che riguardano soggetti precedentemente colpiti.

Nonostante la mortalità sia in diminuzione, in Italia l’ICTUS è la terza (la seconda, stando ad alcune stime) causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie e rappresenta la principale causa d’invalidità.
Nel nostro Paese il numero di soggetti che hanno avuto un ICTUS e sono sopravvissuti, con esiti più o meno invalidanti, è pari a circa 913.000.
Ad 1 anno circa dall’evento acuto, un terzo dei soggetti sopravviventi ad un ICTUS – indipendentemente dal fatto che sia ischemico o emorragico – presenta un grado di disabilità elevato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti.

Il fenomeno è in costante crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Il tasso di prevalenza di ICTUS nella popolazione anziana (età 65-84 anni) italiana è del 6,5% leggermente più alta negli uomini (7,4%) rispetto alle donne (5,9%). Il 75% dei casi riguarda persone over 65 ma, comunque, 12mila persone sotto ai 55 anni vengono colpite ogni anno.

L’aumento della proporzione di anziani nella popolazione generale fa stimare un aumento dei nuovi casi di malattia nei prossimi anni. Un problema che interessa da vicino l’Italia, in cui l’aspettativa di vita alla nascita è di 79 anni per gli uomini e 84 per le donne. Anche le fasce di età più giovani tendono ad essere sempre più a rischio perché sono sempre più diffuse condizioni predisponenti come Ipertensione Arteriosa, Fibrillazione Arteriosa, diabete, obesità, stile di vita sbagliato.

Gli studi epidemiologici condotti in questi anni hanno identificato i fattori di rischio e dimostrato la reversibilità del rischio, ovvero che riducendo i fattori di rischio è possibile ritardare o ridurre il numero di eventi che si verificano nella popolazione.

Gli italiani colpiti da ICTUS, secondo un’indagine promossa dall’”Associazione Italiana Ictus”, vanno incontro a molte difficoltà nella fase di riabilitazione che segue l’evento acuto. L’89% dei pazienti dichiara di aver riscontrato miglioramenti, sia neurologici che fisici, in seguito ai trattamenti riabilitativi. Tuttavia, il 34% considera l’esperienza insufficiente e il 17% giudica scarsa la propria qualità di vita.

L’ICTUS può essere sconfitto grazie alla prevenzione, a un intervento terapeutico tempestivo e alle cure innovative oggi disponibili. In Italia riusciamo a garantire un’ottima assistenza grazie alla preparazione dei medici specialisti e a una rete di centri di assoluto livello. Esistono tuttavia ancora margini di miglioramento su alcuni aspetti che sono fondamentali nella gestione di una patologia pericolosa ed invalidante come l’ICTUS.

Una delle caratteristiche principali e più subdole di questa malattia è la sua improvvisa insorgenza in persone sane, anche se in realtà è possibile avere un segnale premonitore, il cosiddetto TIA o Attacco Ischemico Transitorio. Si tratta di un calo temporaneo dell’afflusso di sangue al cervello, che può generare qualche sintomo transitorio (perdita temporanea della vista, svenimento improvviso, difficoltà nel parlare) ma senza conseguenze. Il paziente si riprende del tutto in breve tempo. Questi episodi sono però segnali importanti, perché 1 persona vittima di TIA su 3 va incontro ad ICTUS entro un anno. Se però si riconosce la gravità del segnale e si agisce, facendo controlli e prevenzione, l’ICTUS può essere evitato.

Anche per questo motivo informare, sensibilizzare, incentivare al controllo e monitoraggio preventivo della Pressione Arteriosa e al mantenere uno stile di vita adeguato, in cui trovino ampio spazio una corretta alimentazione e un’attività fisica costante, è la chiave per scongiurare l’ICTUS o attacchi gravi qualora si parli di fattori di rischio non modificabili.

I fattori di rischio non modificabili sono età, sesso, familiarità. In questi casi per evitare che si verifichi un ictus è fondamentale seguire in modo rigoroso le terapie e le raccomandazioni che il Medico di Medicina Generale (MMG) e lo Specialista prescrivono.

I fattori di rischio modificabili sono la Pressione Arteriosa, il peso, la glicemia, la colesterolemia, che vanno adeguatamente monitorati, mantenendo i valori entro i limiti raccomandati, come anche il consumo di alcool e l’abitudine al fumo.  I fattori modificabili possono però essere mantenuti a livelli “favorevoli” nel corso della vita, soprattutto se fin dalla giovane età vengono adottati stili di vita salutari.

Fonti:

https://www.siia.it

https://www.aliceitalia.org/

https://www.issalute.it/

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GIORNATA MONDIALE CONTRO L’ICTUS 2022 – #TEMPOPREZIOSO

La Giornata Mondiale contro l’ICTUS 2022 promossa dalla World Stroke Organization è volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sui segnali dell’ICTUS e sull’importanza del #tempoprezioso.

L’ICTUS è una patologia tempo-correlata: intervenire precocemente è fondamentale. In questo senso è molto importante che le persone siano consapevoli dell’enorme valore che ha la prevenzione.

In caso di comparsa di uno o più sintomi riferibili all’ICTUS è necessario chiamare immediatamente il 118 per il trasporto urgente al Pronto Soccorso di un Ospedale dove si eseguono le cure specialistiche per l’ICTUS (Stroke Unit). Non aspettare di vedere se i sintomi migliorano spontaneamente, non contattare il Medico di Medicina Generale (MMG) o la Guardia Medica e non recarsi in Pronto Soccorso con mezzi propri, anche per evitare di presentarsi in un Ospedale dove non sia attiva una Stroke Unit.

 I sintomi riguardano:

  • improvvisa riduzione o perdita di motilità e di forza e/o improvvisi deficit sensitivi (formicolii, perdita di sensibilità) alla metà inferiore del viso (con asimmetria della bocca che appare “storta” soprattutto quando il paziente prova a sorridere), al braccio e/o alla gamba di un lato del corpo
  • improvvisa difficoltà nel parlare e/o nel comprendere il linguaggio altrui
  • improvvisi disturbi visivi a carico di uno o di entrambi gli occhi
  • improvvisa perdita di coordinazione dei movimenti, sensazione di vertigine, di sbandamento e/o caduta a terra
  • improvviso mal di testa lancinante e inconsueto.

L’acronimo FAST, consente di ricordare facilmente alcuni test da fare quando si sospetta che una persona sia stata colpita da un ICTUS (Cincinnati Prehospital Stroke Scale):

  • F (come Face: Faccia): chiedere alla persona di sorridere e osservare se un angolo della bocca non si solleva o “cade” e la bocca appare “storta”;
  • A (come Arms: braccia): chiedere alla persona di alzare entrambe le braccia e osservare se presenta difficoltà/incapacità a sollevare un braccio o a mantenerlo alzato allo stesso livello dell’altro”;
  • S (come Speech: linguaggio): chiedere alla persona di ripetere una frase semplice e valutare se il suo modo di parlare risulti strano (parole senza senso) o biascicato;
  • T (come Time: Tempo): se è presente uno qualunque di questi segni, bisogna chiamare immediatamente il 118.

La Prevenzione

Oggi più che mai la prevenzione rappresenta l’arma più efficace per ridurre i casi di ICTUS e di altre malattie cardio-cerebrovascolari e si basa essenzialmente sull’adozione e sul mantenimento di stili di vita salutari (non fumare e non consumare altri prodotti del tabacco; praticare regolarmente un’adeguata attività fisica; evitare il consumo rischioso e dannoso di alcol; seguire una sana alimentazione, varia ed equilibrata, prediligendo il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e pesce e limitando l’assunzione di sale, carne rossa, grassi di origine animale e zuccheri; mantenere un peso corporeo ottimale), nonché sull’identificazione precoce e sull’adeguata gestione di eventuali fattori che aumentano il rischio di ICTUS, quali Ipertensione Arteriosa e Fibrillazione Atriale, tramite l’utilizzo di misuratori della pressione validati anche per la rilevazione della Fibrillazione Atriale.

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DONNE E RISCHIO FIBRILLAZIONE ATRIALE: COSA C’ENTRANO PESO ED ALTEZZA

Già da tempo gli studi epidemiologici ritengono che ci sia maggiore prevalenza di uomini che soffrono di Fibrillazione Atriale (FA) e una maggiore incidenza di eventi cardiovascolari (come infarto e ICTUS) nelle donne con questo disturbo del ritmo cardiaco.

Ma uno studio americano condotto dai ricercatori dello Smidt Heart Institute (Cedars-Sinai Medical Center, Los Angeles, Usa) su un’ampia popolazione di uomini e donne senza patologie cardiovascolari ha fatto emergere una importante differenza tra generi nella presenza di Fibrillazione Atriale.

Sembra che se vengono confrontati donne e uomini della stessa altezza e peso, le donne hanno un rischio maggiore del 50% rispetto agli uomini di sviluppare una Fibrillazione Atriale.

I partecipanti allo studio erano in totale 25.119 e il 51% era donna. In un follow-up medio di 5,3 anni, si sono verificati 900 eventi di Fibrillazione Atriale incidente confermati: 495 eventi tra gli uomini, (4,0%) e 405 eventi, (3,2%) tra le donne. Fino a qui nulla di nuovo, infatti, dopo l’aggiustamento per età e trattamento, le donne erano a minor rischio di Fibrillazione Atriale rispetto agli uomini. La situazione persisteva anche dopo aver suddiviso le donne per:

  • etnia,
  • stile di vita come: assunzione di alcol e fumo di sigaretta, movimento fisico,
  • presenza di malattie come: ipertensione, diabete (tipo 1, tipo 2, gestazionale), malattie della tiroide,
  • presenza di elevata massa grassa mediante l’indice di massa grassa (BMI), il quale considera il rapporto tra peso corporeo e altezza.

I ricercatori allora hanno provato a considerare l’altezza, altezza e peso o BSA (superficie corporea) che rispetto al peso, rappresenta un miglior indicatore della massa metabolica, poiché meno influenzata dalla quantità di tessuto adiposo.

E’ emerso che le donne sono più a rischio di Fibrillazione Atriale a parità di altezza e peso degli uomini. Ma allora perché sembrano esserci meno donne con Fibrillazione Atriale rispetto agli uomini? Il dato che riguarda la popolazione generale, ossia che ci sono meno donne che soffrono di Fibrillazione Atriale, sarebbe da attribuirsi al fatto che, in media, sono più basse degli uomini.

Questo studio non è per niente banale, ma sottolinea l’importanza della prevenzione della Fibrillazione Atriale, in forte aumento, anche per le donne. Questo, probabilmente è dovuto all’incremento di peso e di altezza della popolazione generale, così come all’invecchiamento della popolazione.

Le strategie di prevenzione più efficaci contro la Fibrillazione Atriale negli uomini e nelle donne includono il mantenimento di un peso sano, l’esercizio fisico regolare e moderato, la limitazione del consumo di alcol e fumo e il regolare monitoraggio della Pressione Arteriosa con un dispositivo in grado di osservarne la frequenza cardiaca e in particolare la presenza di Fibrillazione Atriale, come propone Microlife con AFIB Advanced Easy, il dispositivo più preciso e affidabile secondo i rigidi protocolli  AAMI/ESH/ISO.

Riferimenti bibliografici:
https://medicoepaziente.it/2022/fibrillazione-atriale-a-parita-di-altezza-donne-piu-a-rischio-degli-uomini/

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PREVENZIONE ICTUS, PRESENTE ALL’EVENTO “SALUTE PER TUTTI”

“Salute per tutti”, è l’evento che si è tenuto il 1 e 2 ottobre in Piazza Plebiscito di screening gratuiti all’insegna della salute e della Prevenzione. Come ha sottolineato il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, questa iniziativa è un modo per essere vicini alle persone più fragili e per dare una risposta di salute a tutti e un’opportunità per consentire alla comunità di fruire di servizi sanitari specialistici in modo gratuito.

Anche noi di Prevenzione ICTUS eravamo presenti con le nostre unità di prova Microlife in cui veniva misurata la Pressione Arteriosa e, contemporaneamente veniva fatto lo screening della Fibrillazione Atriale con il misuratore AFIB Advanced Easy. Microlife AFIB Advanced garantisce il controllo della Fibrillazione Atriale in ogni condizione ed è quindi l’ideale per la prevenzione ICTUS. È validato per la misurazione della pressione secondo i rigidi protocolli ISO e BIHS. È accurato per la misurazione della pressione in pazienti difficili (dove sono necessarie speciali validazioni) come i diabetici, gli anziani, i dializzati, le donne in gravidanza e con preeclampsia. Solo la tecnologia Microlife AFIB è stata validata scientificamente, secondo i rigidi protocolli ISO e BIHS, per lo screening della Fibrillazione Atriale sia in ambito clinico che domiciliare.

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COME CAPIRE SE SI SOFFRE DI FIBRILLAZIONE ATRIALE ATTRAVERSO I SINTOMI

I sintomi della Fibrillazione Atriale variano notevolmente e spesso consistono in palpitazioni cardiache e battiti notevolmente irregolari e veloci. Inoltre, possono verificarsi stanchezza, vertigini o affanno, poiché il cuore pompa in modo inefficiente rispetto a un ritmo regolare e naturale.

I sintomi della Fibrillazione Atriale più comuni sono:

  • senso di battito cardiaco “strano”, irregolare e/o veloce;
  • difficoltà nel respirare sotto sforzo (dispnea);
  • facile affaticamento (astenia);
  • sensazione di mancamento o vertigine.

Nello specifico, il 65% delle persone che ne soffrono lamenta palpitazioni, il 50% percepisce uno stato di forte spossatezza, il 19% risente di capogiri, il 12% si trova in uno stato d’ansia, il 43% percepisce forte affanno, il 30% ha una sensazione di malessere, il 12% ha dolori al petto.

La frequenza e l’intensità di questi sintomi variano enormemente da persona a persona. I sintomi posso variare ampiamente nel paziente stesso col tempo.

Tuttavia, ci sono anche alcune persone in cui la Fibrillazione Atriale passa inosservata, in modo silente e asintomatico. La Fibrillazione Atriale asintomatica è particolarmente pericolosa perché la persona che ne soffre non ha sintomi. Naturalmente soffrirne senza saperlo vuol dire non curarla, aumentando notevolmente il rischio ICTUS. Oltre il 90% degli episodi di Fibrillazione Atriale è asintomatico e in circa il 30% dei pazienti viene diagnosticato incidentalmente quando è ricoverato in ospedale per altre ragioni, incluso l’ICTUS.

Come abbiamo già detto, ci sono persone con la Fibrillazione Atriale che non sperimentano alcun sintomo mentre altre ne ripotano diversi e altre ancora, li vedono peggiorare col tempo. Questo significa che i sintomi della Fibrillazione Atriale possono nascere col tempo.

La Fibrillazione Atriale induce un processo lento ma progressivo di rimodellamento strutturale degli atri. Lo stile di vita, altre condizioni croniche e fattori non modificabili, come l’età o la predisposizione genetica, possono causare anormalità o danni alla struttura cardiaca. I fattori di rischio modificabili, come diabete, colesterolo, obesità, ipertensione, possono essere controllati attraverso il mantenimento di una dieta equilibrata e uno stile di vita sano che include smettere di fumare e bere alcol, cercare di fare attività fisica ed evitare di avere una vita sedentaria.

COME SI RICONOSCE LA FIBRILLAZIONE ATRIALE?

Ascoltando il ritmo del cuore…

Ponendo delicatamente due dita alla base del pollice si può sentire il battito dell’arteria radiale. Si dovrebbe percepire un battito regolare, ritmico, come il ritmo di un tamburo. Se ascoltando il ritmo del cuore si notano delle pause non regolari tra un battito e un altro, non bisogna spaventarsi. È bene però ripetere questa esplorazione di irregolarità del battito, stavolta con uno misuratore di pressione specificatamente pensato anche per lo screening della Fibrillazione Atriale.

Quando si sceglie un misuratore della pressione validato anche per il monitoraggio della Fibrillazione Atriale, è molto importante considerare che la funzione per la rilevazione del battito irregolare (IHB Irregular Heart Beat) o di generiche aritmie non è idonea per il controllo della Fibrillazione Atriale. È infatti stato dimostrato che questi algoritmi non rilevano circa il 70% delle Fibrillazioni Atriali. Per questo motivo è importante dotarsi di un misuratore di pressione con uno specifico algoritmo per la rilevazione della Fibrillazione Atriale. ad esempio l’algoritmo AFIB di Microlife.

Generato il sospetto di Fibrillazione Atriale con lo screening è importante rivolgersi al proprio medico che effettuerà i necessari accertamenti, come l’elettrocardiogramma, per diagnosticare questa condizione di rischio e prescrivere i trattamenti più adeguati.

Un consiglio…

Tenere un diario della propria Fibrillazione Atriale (comprese variazioni nei sintomi, gravità e ricorrenza) è incredibilmente utile. Comprendere questi sintomi e il loro impatto sul quotidiano aiuterà il medico a raccomandare e discutere le cure più adatte alla propria condizione. Lo scopo sarà di tenere sotto controllo i sintomi e assicurare una corretta ed efficace gestione della Fibrillazione Atriale.

Scopri di più, guarda il video

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BATTICUORE: SINTOMI, COMPLICAZIONI, DIAGNOSI

Se si dovesse avvertire una sensazione di batticuore per un lasso di tempo prolungato o di frequente non bisogna esitare a rivolgersi al proprio medico curante.  Infatti, batticuore o palpitazioni possono essere sintomo di diversi disturbi a carico dell’apparato cardiaco.

Le palpitazioni sono causate da accelerazioni del battito cardiaco, da qui “batticuore”. Possono derivare da stati emotivi intensi, dovuti a stress, ansia o attacchi di panico, depressione, da attività fisica troppo intensa, da farmaci a base di sostanze psicostimolanti, ad esempio per curare l’asma o alcune sindromi febbrili oppure da farmaci decongestionanti nasali a base di pseudoefedrina, usati in caso di raffreddore o tosse. Le palpitazioni possono subentrare anche attraverso l’abuso di caffeina, nicotina, cocaina, anfetamine piuttosto che da variazioni dei livelli degli ormoni, dovute al ciclo mestruale, alla gravidanza o alla menopausa, da alti o bassi livelli di ormoni tiroidei. In alcuni casi possono però rappresentare il segnale di un disturbo cardiaco serio (aritmia o Fibrillazione Atriale) che, talvolta, è responsabile di un ritmo cardiaco accelerato (tachicardia) o, al contrario, troppo lento (bradicardia) oppure di un ritmo cardiaco con andamento irregolare.

Le indagini, a livello medico, per scoprire l’origine delle palpitazioni si concentrano sulla ricerca di eventuali modificazioni del funzionamento del cuore e sulla tiroide per vedere se si è prodotto un ingrossamento della ghiandola.

SINTOMI

Quando si avvertono delle palpitazioni è come se si producesse:

  • un salto del battito del cuore, che provoca un senso di scuotimento al petto
  • un ritmo anomalo del battito, come uno sfarfallio
  • un’accelerazione del battito
  • un ritmo del battito del tutto irregolare

Queste sensazioni si possono avvertire a livello della gola, del collo e, in generale, del torace sia in condizioni di riposo, sia in movimento. Se si tratta di fenomeni poco frequenti, che durano pochi attimi, non c’è da preoccuparsi; se, invece, compaiono disturbi associati a una sofferenza del cuore e le palpitazioni si avvertono con frequenza crescente, allora è il caso di rivolgersi al medico che può suggerire di sottoporsi al monitoraggio della frequenza cardiaca, ovvero all’esame dell’holter cardiaco per verificare che non vi siano problemi seri al cuore. In particolare, è bene rivolgersi al medico in caso di:

  • dolore al torace
  • svenimento
  • respiro corto e affannoso
  • sensazione di capogiro o di vertigini

COMPLICAZIONI

Si parla di complicazioni quando le palpitazioni derivano da uno stato di affaticamento e di sofferenza del cuore; in questi casi si possono verificare:

  • Svenimenti: il cuore accelera i battiti e la pressione si abbassa. Si tratta di situazioni legate a malattie del cuore già presenti alla nascita (cardiopatie congenite) o a problemi di funzionamento delle valvole cardiache.
  • Arresto cardiaco. Anche se raramente, le palpitazioni si possono produrre a causa di gravi aritmie che provocano di fatto un blocco dei battiti del cuore.
  • ICTUS. Le palpitazioni derivano da una Fibrillazione Atriale, dovuta a un’anomalia del meccanismo di contrazione del cuore, che può determinare il “rilascio” in circolo di coaguli di sangue (trombi) che ostruiscono le arterie cerebrali causando l’ICTUS.
  • Insufficienza cardiaca che si verifica quando il cuore si contrae in maniera asincrona, ad esempio nel caso di Fibrillazione Atriale, per un periodo prolungato e non è in grado di svolgere il suo ruolo di pompa del sangue nelle arterie; in tal caso occorre curare l’aritmia in modo da ristabilire il corretto funzionamento del cuore.

DIAGNOSI

La valutazione del sintomo di batticuore risulta spesso complesso e scarsamente efficace. Ciò deriva dal fatto che le palpitazioni sono un sintomo che può dipendere da un gran numero di condizioni cliniche differenti. Le palpitazioni sono di solito episodi che si ripetono a cadenze imprevedibili e per giunta sono di breve durata. In generale si procede con una visita specialistica cardiologica. La storia della famiglia è importante perché può far sospettare un disturbo ereditario del ritmo cardiaco. Se lo riterrà necessario, il cardiologo potrà richiedere uno o più esami strumentali:

  • elettrocardiogramma;
  • ecocardiogramma;
  • prova da sforzo;
  • Holter ECG (elettrocardiogramma dinamico completo) per registrare il ritmo cardiaco per 24 ore.

I risultati di questi accertamenti permettono al cardiologo di escludere o di diagnosticare un disturbo del ritmo cardiaco, ovvero una vera e propria aritmia.

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PRIMO SOCCORSO IN CASO DI ICTUS

Quando si ha a che fare con una situazione in cui ci sembra che una persona stia avendo un ICTUS, la tempestività è essenziale, prima si interviene meglio è. Se si sospetta che qualcuno sia colpito da ICTUS o che abbia avuto sintomi anche solo transitori (potrebbe essere stato colpito da TIA, Attacco Ischemico Transitorio, molto pericoloso) è fondamentale chiamare immediatamente il 118 per soccorso. La persona con sospetto di attacco deve ricevere istantaneamente le cure più adatte e va trasportato con urgenza in ospedale, precisamente nei centri organizzati per l’emergenza all’ICTUS, cioè le Unità Urgenza ICTUS – Stroke Unit.

Essenziale è cercare di far arrivare la persona nella struttura specializzata quanto prima in modo che esegua subito gli esami, la Tac in particolare, per capire se l’ICTUS è stato determinato da un’ischemia o da un’emorragia. Nel primo caso, infatti, si può procedere alla trombolisi, una tecnica in grado di sciogliere il coagulo che impedisce al sangue di arrivare al cervello.

La cosa importante, però, è agire entro le prime tre-quattro ore al massimo perché, dopo quest’arco di tempo può verificarsi un’emorragia in seguito al trattamento. Naturalmente, prima si interviene, più parti di cervello possono essere salvate.

SINTOMI E PRIMO INTERVENTO

Se si sospetta che una persona sia stata colpita da ICTUS, usare l’acronimo inglese FAST come guida per fare una prima verifica in attesa dei soccorsi:

  • F – Face = Debolezza facciale, la persona non è in grado di sorridere ed i suoi occhi e bocca tirano da un lato, sono asimmetrici. Verificare se la persona vede annebbiato, non vede metà degli oggetti oppure vede doppio.
  • A – Arm = Debolezza nelle braccia, la persona è in grado di alzare un solo braccio mentre l’altra è a peso morto
  • S – Speech = Difficoltà nel parlare, la persona non è in grado di parlare chiaramente o non riesce a capire le parole dette. Controllare se la persona non riesce a parlare e/o non capisce. Chiedere di ripetere una semplice frase (“Il cielo è blu”) per capire se riesce a farlo bene e/o se farfuglia.
  • T – time= Il tempo è fondamentale, se si nota uno dei segnali sopra indicati chiamare subito segni il 118.

Pertanto, la persona colpita sentirà di:

  • non riuscire più a muovere (paralisi – plegia) o muovere con minor forza (paresi), un braccio o una gamba o entrambi gli arti di uno stesso lato del corpo;
  • accorgersi di avere la bocca storta; rendersi conto di non sentire più, di sentire meno o in maniera diversa (formicolio), un braccio o una gamba o entrambi gli arti di uno stesso lato del corpo;
  • non riuscire a vedere bene metà o una parte degli oggetti (emianopsia);
  • non essere in grado di coordinare i movimenti e di stare in equilibrio;
  • far fatica a parlare sia perché non si articolano bene le parole (disartria) sia perché non si riescono a scegliere le parole giuste o perché non si comprende quanto viene riferito dalle persone intorno (afasia);
  • essere colpito da un violento e molto localizzato mal di testa, diverso dal solito, accompagnato il più delle volte da nausea, vomito, perdita di coscienza.

È importante per tutti conoscere questi sintomi. Per chi è ad alto rischio di ICTUS (anziano, fibrillante, iperteso, diabetico) lo è ancora di più!

COSA NON FARE

  • NON perdere tempo, e chiamare subito il 118, spiegando cosa sta accadendo
  • Farsi portare immediatamente nell’ospedale più vicino, possibilmente dotato di Stroke Unit, cioè reparti adeguatamente attrezzati e con personale addestrato per gestire in maniera appropriata l’emergenza ICTUS
  • NON chiamare la guardia medica: è una perdita di tempo inutile
  • NON rivolgersi al Medico di Famiglia
  • NON aspettare che il sintomo passi da solo

Non perdere tempo e non aspettare che passi, esistono terapie efficaci che devono essere somministrate il prima possibile dall’inizio dei sintomi e possono salvare la vita e ridurre i danni subiti. Per gli ICTUS ischemici, l’efficacia delle cure nei primi 90 minuti è doppia rispetto ai 90 minuti successivi.

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SEI IPERTESO? REGOLA NUMERO 1: BASTA SALE

Al controllo e mantenimento della Pressione Arteriosa, nei limiti della norma, contribuisce in maniera importante un corretto stile alimentare, tanto che nelle forme più lievi può rappresentare addirittura la sola terapia.

Mentre in caso di trattamento farmacologico, la dieta aiuta a potenziare l’efficacia dei farmaci antipertensivi, permettendo laddove possibile di ridurre il numero dei farmaci assunti.

Il rischio, quando la pressione si alza oltre i parametri ‘di sicurezza’ (i valori di normalità sono per l’età adulta 115-140 mmHg come massima e 75-90 mmHg come minima) è di andare incontro a importanti patologie cardiovascolari quali ICTUS, infarto del miocardio, scompenso cardiaco e malattie arteriose periferiche o a insufficienza renale.

I CIBI PIU’ SALATI

Fondamentale, per aiutare il controllo della pressione, l’alimentazione deve essere sana, bilanciata, varia e soprattutto con un ridotto apporto di sale e di alimenti ricchi di sodio.

L’introito di sodio nella dieta quotidiana non è rappresentato soltanto dal sale da cucina aggiunto alle pietanze, ma proviene soprattutto dai quantitativi non evidenti nei prodotti industriali. Ne sono ricchi il pane e i prodotti da forno (biscotti, crackers, grissini, merendine, cornetti e cereali per la prima colazione) e fra questi, i derivati dei cereali rappresentano la fonte maggiore di introito di sodio.

Ma quanto sale è opportuno consumare al giorno? L’American Heart Association raccomanda di assumere non più di 1.500 milligrammi di sodio al giorno (3,8 grammi di sale) e ha stilato una lista dei cibi più salati:

  • Il pane: contiene circa 5g di sodio ogni 100 gr
  • La carne lavorata come insaccati e salumi; la carne bianca può arrivare ad una quantità di sale pari a 1000 grammi.
  • Panini e sandwich, cioè pane con l’aggiunta di carne. Se poi si aggiungono anche delle salse si può arrivare alla soglia dei 1.500 milligrammi di sodio.
  • Pollo del supermercato o della rosticceria.
  • Minestroni e zuppe confezionate possono arrivare anche ad una quantità di sale pari a 900-1000 mg di sodio.
  • Pizza che può superare, a seconda degli ingredienti dell’impasto e del condimento superficiale, i 700 mg di sale.

L’APPORTO DI SODIO

Gli esperti stilano dei consigli utili a controllare l’apporto di sodio in tavola:

  • Scegliere alimenti a basso contenuto di sale.
  • Evitare di aggiungere il sale da cucina a tavola, ad esempio sulle insalate o le verdure, e limitarne il più possibile l’uso nell’acqua di cottura degli alimenti. Prediligere spezie e aromi per insaporire gli alimenti, come basilico, prezzemolo, origano, rosmarino, menta, salvia, timo, cannella, curry, aglio, cipolla, peperoncino, paprika, ecc. Inoltre, è importante fare attenzione anche ai sali dietetici iposodici che hanno una ridotta sapidità e pertanto si tende ad abusarne, annullandone così i benefici e per i quali è bene prima consultare il proprio medico a causa delle loro controindicazioni.
  • Limitare gli alimenti conservati in scatola: spesso contengono alte concentrazioni di sodio. Fare attenzione in particolare a salamoia, ma anche a salmone affumicato, funghi sott’olio e capperi sott’aceto, tonno, olive, acciughe…
  • Evitare di consumare cibi che contengono la dicitura cloruro di sodio, glutammato di sodio, citrato di sodio, bicarbonato di sodio e lievito in polvere: tra questi i dadi da brodo (anche sotto forma di granulato), ketchup, salsa di soia, miso, ma anche condimenti vari, margarine, prodotti per insaporire i dolci, gelatine e bevande.
  • Evitare la cioccolata la quale in realtà contiene anche tanto sale, il cui sapore è ovviamente nascosto dallo zucchero.
  • Consumare massimo 50 gr di insaccati non più di 2 volte alla settimana, privilegiando prosciutto cotto, insaccati da carne di pollo e tacchino che contengono il 40% in meno di sodio rispetto alla bresaola, prosciutto crudo e salame.
  • Consumare formaggi, di cui sono consentiti al massimo 50 gr dalle 2 alle 4 volte la settimana, come il Parmigiano Reggiano (che ha 50-70% di sodio in meno) piuttosto che pecorino, gorgonzola, feta o formaggi fusi.
  • Preferire il pane toscano, integrale o con meno sale aggiunto al pane bianco e/o tradizionale che contiene circa 500 mg di sodio ogni 100 gr ed evitare assolutamente la focaccia.
  • Utilizzare il limone per insaporire le carni.
  • Scegliere acque oligominerali.
  • Le verdure possono essere cucinate con poco sale o addirittura senza sale.
  • Evitare i cibi già pronti o preconfezionati perché di solito contengono sale aggiunto, soprattutto patatine fritte e affini.
  • Utilizzare sostituti del sale solo sotto consiglio medico.
  • Eliminare la saliera dalla tavola apparecchiata.
  • Ridurre giorno dopo giorno la quantità di sale utilizzato sia a tavola che durante la cottura, fino ad eliminarlo quasi completamente.

LA LETTURA DELL’ETICHETTA

Leggere le etichette nutrizionali: preferire i prodotti che indicano in etichetta la quantità di sodio.

Si definisce “a basso tenore in sodio” un alimento che non ecceda 120 mg di sodio/100 gr. Se il sodio non è riportato, è utile guardare l’elenco degli ingredienti: gli ingredienti presenti in maggior quantità sono scritti per primi e quelli presenti in minor quantità per ultimi.

Come abbiamo già anticipato nel paragrafo precedente, non utilizzare quindi i cibi in cui il sale figura nelle prime voci, indicato anche sotto forma di sodio (o Na), cloruro di sodio, bicarbonato di sodio, fosfato monosodico, glutammato monopodico, benzoato di sodio, citrato di sodio. Esistono in commercio dadi o prodotti già pronti (minestroni, zuppe, grissini, biscotti, fette biscottate, cereali per la colazione) che riportano sulla confezione la scritta “senza glutammato di sodio” o “prodotto a basso contenuto di sodio”.