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Aritmie: differenza tra tachicardia e bradicardia

Il cuore è un muscolo che batte in media circa 60-100 volte al minuto e pompa il sangue grazie a degli impulsi elettrici.

In caso di alterazioni del normale ritmo di contrazione (battiti cardiaci al minuto e propagazione dell’impulso) può verificarsi un’anomalia chiamata aritmia.

I sintomi sono legati alla variazione della velocità del battito cardiaco e possono manifestarsi con la sensazione di avere il cuore in gola, uno sfarfallio a livello del torace, il rallentamento del battito, un intenso senso di stanchezza, dispnea e sudorazione.

Le aritmie vengono diagnosticate prevalentemente nelle persone anziane, possono però colpire chiunque a qualsiasi età.

Non sono tutte pericolose, spesso infatti sono innocue e passeggere, legate al contesto o alle attività che si stanno svolgendo: è normale avere un battito rallentato mentre si dorme o sì è a riposo e un battito accelerato durante l’attività fisica.
Se questi episodi di variazione di velocità però si verificano con una certa frequenza, possono influire sulla capacità del cuore di pompare sangue e ossigeno negli altri organi, causando danni anche potenzialmente gravi o fatali.

Tipologie e diagnosi

Le aritmie vengono suddivise in base alla regolarità, alla frequenza cardiaca e alla parte del cuore interessata (atri o ventricoli), in:

  • tachicardia: frequenza cardiaca accelerata che supera i 100 battiti al minuto;
  • bradicardia: frequenza cardiaca rallentata inferiore ai 60 battiti al minuto;
  • fibrillazione atriale: frequenza cardiaca irregolare e più veloce del normale;
  • fibrillazione ventricolare: ritmo rapido e disorganizzato dei battiti cardiaci.

A causa della forma asintomatica di alcune aritmie per poter effettuare una diagnosi puntale su tipologia, gravità e fattori scatenanti è necessario conoscere la storia clinica del paziente e qualsiasi sintomo di disturbo cardiaco in modo da sottoporlo a esami approfonditi quali:

  • L’elettrocardiogramma (ECG o EKG) è uno strumento fondamentale per poter effettuare la diagnosi delle aritmie. Effettua una registrazione delle onde elettriche generate dal cuore, consentendo di valutare il ritmo cardiaco e l’eventuale presenza di aritmie.
  • L’Holter è una soluzione affidabile per rilevare aritmie occasionali, in quanto un ECG a breve termine potrebbe non rilevarle. L’holter registra l’attività elettrica cardiaca del paziente per 24/48 ore consentendo di catturare aritmie meno frequenti.
  • L’Event Recorder è necessario per effettuare un monitoraggio per un periodo di tempo prolungato rispetto alle 48h garantite dall’Holter. È un dispositivo registratore portatile che il paziente attiva quando avverte dei sintomi, aiutandolo così a raccogliere episodi di aritmia.
  • Infine l’ecocardiogramma (Eco), un’ecografia del cuore in grado di fornire immagini dettagliate e di rilevare anomalie strutturali o funzionali che possono causare aritmie.

Cosa si intende per aritmia tachicardica e bradicardica?

La tachicardia

La tachicardia o aritmia tachicardica è un disturbo abbastanza comune, non sempre patologico, che si verifica quando viene rilevato un battito cardiaco accelerato superiore ai 100btm.

Il battito veloce mette sotto-sforzo il cuore che, come tutti i muscoli durante l’attività, necessità di una quantità di sangue, ossigeno e nutrienti maggiore.

Per questo motivo la tachicardia può causare sintomi come palpitazioni, mancanza di respiro, vertigini, stanchezza e svenimento o, come in alcuni casi, essere completamente asintomatica e venire diagnosticata durante esami di routine.

Rientrano nella definizione di tachicardia:

  • Fibrillazione atriale: caratterizzata da un ritmo cardiaco irregolare e spesso molto rapido, può portare alla formazione di coaguli di sangue nel cuore, aumentando il rischio di ictus, insufficienza cardiaca e altre complicanze cardiache;
  • Flutter atriale: simile alla fibrillazione atriale, è caratterizzato però da battiti cardiaci meno irregolari. Anche questo può aumentare il rischio di ictus;
  • Tachicardia sopra ventricolare: iniziano sopra i ventricoli provocando episodi di battito cardiaco accelerato;
  • Fibrillazione ventricolare: le camere cardiache inferiori si contraggono in modo molto rapido e disordinato e di conseguenza, il cuore non pompa sangue al resto del corpo.
  • Tachicardia ventricolare: inizia con segnali elettrici difettosi nei ventricoli che non riescono a riempirsi adeguatamente di sangue e di conseguenza il cuore non può pompare abbastanza sangue nel corpo.

Le cure per la tachicardia variano a seconda del paziente e della gravità delle condizioni. Alcune forme non richiedono trattamenti, in altre è sufficiente eseguire delle manipolazioni per abbassare la frequenza cardiaca oppure può essere necessario intervenire farmacologicamente tramite betabloccanti e calcio antagonisti o sottoporsi ad interventi di ablazione cardiaca.

Ovviamente è fondamentale seguire una terapia ad hoc prevista dal cardiologo.

Bradicardia

A differenza della tachicardia, con il termine bradicardia o aritmia bradicardica si indica una condizione caratterizzata da una frequenza cardiaca inferiore a 60 battiti al minuto.

Si tratta di una frequenza normale in condizioni di riposo che può invece essere pericolosa se registrata quando si è in attività, in quanto il cuore non riuscirebbe a pompare sangue a sufficienza, rischiando di provocare una sincope.

La causa scatenante della bradicardia è da individuare in un malfunzionamento dell’invio degli impulsi elettrici al cuore.

In condizioni normali gli episodi di bradicardia non presentano alcun sintomo e nella maggior parte dei casi non vengono notati. Le terapie prescritte riguardano prevalentemente correzioni allo stile di vita del soggetto come seguire un’alimentazione varia e bilanciata con scarso consumo di grassi saturi e colesterolo, povera di sale e di zuccheri ma ricca di frutta, verdura, cereali, legumi e pesce.

Se invece gli episodi diventano persistenti è possibile avvertire sintomi come affaticamento, vertigini, confusione, svenimento o dolore al petto e potrebbero dare luogo a insufficienza o arresto cardiaco e addirittura portare a morte improvvisa.
In queste situazioni, per prevenire l’ulteriore peggioramento della sintomatologia, il medico può raccomandare l’uso di farmaci o nei casi più gravi procedere con l’impianto di un pacemaker.

Conclusioni

Le aritmie sono un’alterazione del normale ritmo di contrazione del cuore e rappresentano il disturbo cardiaco più diffuso.

Non tutte sono pericolose, spesso sono innocue e passeggere, legate al contesto o alle attività che si stanno svolgendo.

La cura delle aritmie cardiache varia a seconda della loro natura e origine, può comprendere il semplice adeguamento dello stile di vita del paziente fino alla necessità di impiantare un pacemaker.

È sempre necessario consultare il medico per effettuare una corretta diagnosi e individuare il trattamento più adeguato.

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Fibrillazione Atriale: domande frequenti e risposte corrette

  • È possibile fare prevenzione dell’Ictus?

Si. Infatti, due ictus su tre potrebbero essere evitati adottando uno stile di vita adeguato e monitorando alcuni importanti fattori di rischio come la pressione arteriosa, la fibrillazione atriale, il diabete o l’ipercolesterolemia.
I soggetti potenzialmente a rischio elevato possono prevenire l’ictus grazie a trattamenti specifici.

  • La Fibrillazione Atriale è una patologia grave?

Non è una patologia grave ma è importantissima la prevenzione e il monitoraggio costante.
Infatti, gli individui affetti da Fibrillazione Atriale hanno una percentuale di rischio ictus da tre a cinque volte superiore rispetto a pazienti che non ne soffrono.

  • È vero che la Fibrillazione Atriale riguarda poche persone?

Falso. Gli individui che hanno superato i 40 anni di età hanno un rischio di Fibrillazione Atriale del 25% ovvero di 1 persona su 4.
In Italia sono oltre 1.000.000 le persone alle quali è stata diagnosticata la Fibrillazione Atriale.
Considerando anche i casi non diagnosticati questo numero sarebbe probabilmente raddoppiato!

  • Chi ha la Fibrillazione Atriale potrebbe non saperlo?

Si. I sintomi più comuni della Fibrillazione Atriale sono le palpitazioni, la difficoltà nel respirare sotto sforzo (dispnea), il facile affaticamento (astenia), i forti giramenti di testa, lo svenimento (sincope) o una sensazione di costrizione retrosternale (angina pectoris).
Oltre il 90% degli episodi di Fibrillazione Atriale sono però asintomatici e molte persone affette non presentano sintomi specialmente quando la frequenza cardiaca non è eccessivamente alta.

  • La Fibrillazione Atriale asintomatica è pericolosa?

Si. La Fibrillazione Atriale asintomatica è particolarmente pericolosa perché chi ne soffre non viene è inconsapevole e, senza cure né monitoraggio, aumentando notevolmente il rischio di ictus.

  • Una persona con Fibrillazione Atriale Asintomatica potrebbe avere un ictus?

Purtroppo si. Oltre il 10% degli ictus è causato da Fibrillazione Atriale asintomatica, più della metà di quelli provocati da fibrillazione rilevata. In questi casi la presenza di fibrillazione viene scoperta solo dopo l’ictus.

  • I pazienti a rischio Fibrillazione Atriale sono gli stessi che si misurano la pressione?

Sì e no. Chiunque può essere affetto da fibrillazione atriale, anche in maniera asintomatica e quindi inconsapevole. Per questo motivo lo screening della fibrillazione dovrebbe essere raccomandato a tutti. Gli individui a cui è raccomandata l’auto-misurazione domiciliare della pressione arteriosa sono solitamente soggetti già a rischio.
Le caratteristiche associate ad un elevato rischio di fibrillazione sono:

  • Età superiore ai 65 anni
  • Ipertensione
  • Obesità
  • Diabete
  • Problemi cardiaci
  • Disfunzione tiroidea
  • Apnee notturne
  • Broncopatie croniche ostruttive
  • Insufficienza renale
  • Abuso di bevande alcoliche e droghe
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In vacanza con i disturbi cardiovascolari

Le vacanze sono fondamentali per allentare lo stress della vita quotidiana e consentire all’organismo di alternare movimento fisico e riposo.

Che sia mare o montagna, il cuore è sensibile sia alle variazioni climatiche che alle altitudini, e, in base alla meta, le criticità possono cambiare.

Alte temperature, passeggiate e rischio disidratazione possono infatti mettere a dura prova la salute del cuore, soprattutto per coloro che soffrono di ipertensione, scompenso o sono cardiopatici.

È necessario dunque conoscere le regole per mantenerlo in forma anche d’estate, e, grazie a semplici accortezze e alle indicazioni del medico curante, è possibile godere delle ferie estive senza mettere a rischio la salute.

La premessa necessaria è che non tutte le persone e non tutte le cardiopatie sono uguali e gli accorgimenti devono essere adottati anche in base alla gravità della malattia.

Cardiopatici: mare o montagna?

I pazienti cardiopatici possono programmare le proprie vacanze sia al mare che in montagna:

In montagna è consigliabile non soggiornare e svolgere attività oltre i 1000 metri di altitudine, adattarsi in maniera graduale ai dislivelli fermandosi spesso durante le camminate, evitare attività fisiche impegnative e di uscire nelle ore più calde della giornata.

Al mare invece è necessario stare particolarmente attenti alla disidratazione. È necessario un consulto medico per definire la giusta quantità di liquidi da integrare per evitare scompensi. È consigliato di evitare l’esposizione prolungata alle alte temperature e di non cimentarsi in attività e sport particolarmente impegnativi o estremi.

Pazienti ipertesi

Nei pazienti ipertesi, in trattamento farmacologico, è importante modulare il dosaggio dei farmaci durante i mesi estivi.

Al mare si potrebbe incorrere in episodi di cali di pressione a causa delle alte temperature sommate ai farmaci assunti e alla disidratazione dovuta al caldo.

In montagna invece, la pressione potrebbe tendenzialmente alzarsi per effetto delle temperature più basse.

È opportuno consultare il proprio medico per adattare la terapia antipertensiva.

Pazienti ipotesi

Le persone con tendenza alla pressione bassa devono stare ancora più attente a non esporsi al caldo perché questo può accentuare ulteriormente la loro predisposizione alle crisi ipotensive.

Sebbene lo scompenso cardiaco possa peggiorare in qualunque momento dell’anno, le alte temperature e il conseguente rischio di disidratazione potrebbero influire ulteriormente.

Chi soffre spesso di pressione bassa di solito assume farmaci per regolare il volume dei liquidi circolanti e la dilatazione dei vasi sanguigni, al fine di agevolare il lavoro del cuore.

Nei pazienti con scompenso è consigliato non uscire nelle ore più calde della giornata, evitare di compiere sforzi fisici sotto il sole ed evitare variazioni troppo brusche della quantità di liquidi introdotti.

Sono da non sottovalutare anche i segnali del nostro corpo come gonfiore alle gambe o affaticamento del respiro. In presenza di questi sintomi è bene consultare il medico.

La prevenzione per la stagione estiva

Per prepararsi per le vacanze estive e poter prevenire e gestire al meglio la propria condizione medica, è opportuno effettuare delle verifiche preventive quali:

  • Visita cardiologica: viene valutato lo stato di salute del cuore e si possono evincere eventuali problemi o malattie del sistema cardiocircolatorio;
  • Elettrocardiogramma (ECG): utilizzato per individuare la presenza di possibili patologie cardiache;
  • Ecocardiogramma: viene utilizzato per mostrare alterazioni nell’anatomia cardiaca e nel funzionamento del cuore;
  • Test da sforzo: utilizzato per valutare il comportamento del cuore durante lo sforzo fisico.

Durante il periodo di caldo intenso aumenta la sudorazione, il corpo disperde sali e liquidi, la pressione si abbassa, il cuore batte più rapidamente e il respiro può diventare affannoso.

Anche per questo motivo chi soffre di disturbi cardiovascolari può essere colpito da qualche fastidio in più durante i mesi estivi e queste verifiche di ruotine aiutano a partire per le vacanze in maniera più serena e consapevole.

È sempre opportuno consultare il proprio medico per una valutazione e un trattamento adeguato in base alle proprie esigenze e necessità.

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Come misurare la pressione arteriosa

La posizione per misurare la pressione arteriosa è la chiave per ottenere una lettura accurata per un ulteriore diagnosi o trattamento.

Cosa Fare?

Evitare di fumare, bere bevande che contengono caffeina, alcool, mangiare e fare allenamento o esercizi 30 min prima di eseguire la misurazione.

Svuotare la vescica e restare in una stanza tranquilla e confortevole per 5 minuti.

Rimuovere gli indumenti ingombranti e spessi.

Misurare la circonferenza del braccio per assicurarsi che il bracciale sia della dimensione corretta.

Stare seduti in pozione eretta, non incrociare le gambe e tenere i piedi appoggiati a terra con il braccio e la schiena  completamente appoggiati.

Posizionare il bracciale sulla parte superiore del braccio, al di sopra del gomito, circa 2 dita o 2-3 centimetri.

Applicare il bracciale in modo corretto assicurandosi di poter inserire due dita all’interno del bracciale.

Il bracciale deve trovarsi all’altezza del cuore con il simbolo dell’arteria allineato all’arteria brachiale.

Come effettuare la misurazione?

  1. Iniziare la misurazione
  2. Il bracciale si gonfia e si sgonfia automaticamente
  3. Astenersi dal parlare e non muoversi durante e tra 1 misurazione e l’altra
  4. Quando la misurazione è terminata i valori della pressione arteriosa vengono visualizzati sullo schermo.
  5. Effettuare 2/3 misurazioni con intervalli di riposo e utilizzare la media di queste misurazioni consecutive.
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Monitorare la pressione tramite il polso

La fibrillazione atriale è un’aritmia cardiaca che colpisce 10 persone su 100 dopo gli 80 anni e può manifestarsi provocando mancanza di respiro, stanchezza profonda, senso di vertigine e fastidio al petto. Spesso però non presenta sintomi evidenti.

La grande maggioranza di chi ne soffre non sa riconoscerla in tempo. Se individuata precocemente è possibile curarla, , evitando possibili gravi conseguenze come l’ictus cerebrale.
Il “polso arterioso” è il termine usato per descrivere la frequenza, il ritmo e la forza del battito cardiaco rilevabile in zone centrali o periferiche del corpo umano.

I metodi più utilizzati per la rilevazione del polso sono due:

  • Palpatorio: viene utilizzato per rilevare i polsi periferici, palpando con tre dita (indice, medio e anulare) e esercitando una moderata pressione sulla sede di rilevazione dove la pulsazione risulta più forte.
  • Auscultatorio: rappresenta la modalità per la rilevazione del polso apicale e si avvale dell’utilizzo del fonendoscopio. Il polso apicale viene auscultato ponendo il diaframma del fonendoscopio sopra l’apice del cuore ed esercitando una lieve pressione.

Tramite la pulsazione è possibile monitorare l’attività del cuore (battito), il numero di battiti del cuore al minuto (frequenza cardiaca) e la regolarità o irregolarità del battito cardiaco (ritmo cardiaco). Il ritmo della pulsazione normalmente varia da 60 a 100 battiti al minuto e viene influenzato in maniera fisiologica dalle attività che stiamo svolgendo e da eventuali stati emotivi, febbrili ecc.

Monitoraggio tramite il tuo polso

Di seguito i passaggi per effettuare il corretto monitoraggio della pressione arteriosa sul proprio polso:

  1. Porre la mano su un piano con il palmo rivolto verso l’alto e stendere il braccio mantenendo il gomito leggermente piegato.
  2. Con l’altra mano, porre le dita (indice, medio e anulare) sul polso, alla base del pollice.
  3. Tenere premuto costantemente le dita sul polso in modo da poter “sentire” il ritmo e di misurare la sua frequenza al minuto.
  4. Contare le pulsazioni per 30 secondi e moltiplicarle per 2 per ottenere la frequenza cardiaca in battiti per minuto. Se il ritmo cardiaco è irregolare, è necessario contare i battiti per 1 minuto intero e non moltiplicare.

È consigliato accertare la frequenza cardiaca tramite l’esame del polso durante la fase di riposo. È sufficiente effettuare il monitoraggio al risveglio o prima di andare a letto per notare la presenza di un’eventuale aritmia cardiaca.

È importante sottolineare che, se si dovesse riscontrare ripetutamente un ritmo del battito non regolare, va comunicato immediatamente al medico. Il monitoraggio infatti si effettua a scopo preventivo, per anticipare potenziali problemi futuri.

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GIORNATA MONDIALE CONTRO L’IPERTENSIONE

Il 17 maggio 2023 sarà la Giornata Mondiale contro l’Ipertensione, un momento importante promosso ogni anno dalla World Hypertension League, per comunicare in tutto il mondo l’importanza del controllo della Pressione Arteriosa. Soprattutto in questa giornata, Farmacie, sanitarie, medici, operatori sanitari cooperano in tutto il mondo con l’obiettivo di informare sulla prevenzione all’Ipertensione, la sua individuazione e il suo trattamento.

L’Ipertensione è una condizione caratterizzata da un aumento dei valori pressori costantemente e ripetutamente maggiori di 140/90mmHg. L’Ipertensione è un fattore di rischio ICTUS molto diffusa nella popolazione, non solo anziana. I dati del Ministero della Salute parlano del 31% di italiani ipertesi e del 17% in una condizione “borderline”, ovvero in una condizione a rischio.

Può succedere che non ci si accorga di essere ipertesi per un lungo periodo e spesso l’Ipertensione Arteriosa è rilevata in modo casuale.

Se l’Ipertensione rimane non trattata per anni, si producono danni cardiaci e vascolari, ad esempio ICTUS cerebrale emorragico, insufficienza cardiaca, infarto cardiaco, retinopatia e insufficienza renale. Le conseguenze dell’Ipertensione Arteriosa possono essere prevenute con uno stile di vita corretto.

COME POSSIAMO PREVENIRE IL RISCHIO DI IPERTENSIONE? LINEE GUIDA

  1. Misurare la Pressione Arteriosa per riconoscere precocemente un suo aumento è il primo semplice passo per una corretta prevenzione. Controllare la pressione in modo regolare è facile e alla portata di tutti! Basta dotarsi di un misuratore di pressione con un alto grado di precisione, perché l’attendibilità e la precisione dei valori pressori è importante. In commercio esistono svariate tipologie di misuratori ma pochi rispettano rigidi protocolli di precisione e sensibilità e/o sono adatti a pazienti difficili come diabetici, anziani, dializzati, donne in gravidanza e con preeclampsia.
    Anche le farmacie offrono il servizio di misurazione della pressione e possono aiutare nel monitoraggio continuo e regolare. Sapevi che durante la Giornata Mondiale dell’Ipertensione potrai recarti presso la tua farmacia di riferimento e richiedere il monitoraggio gratuito della Pressione Arteriosa e della Fibrillazione Atriale con un misuratore Microlife, validato secondo i protocolli ISO e BIHS?
  2. 30 minuti di attività fisica al giorno come camminare, nuotare, andare in bicicletta, possono ridurre da soli la Pressione Arteriosa. L’attività fisica regolare aiuta a rendere le arterie più elastiche, meno esposte all’indurimento e alla formazione di trombi e agisce inoltre positivamente a livello psicologico, sconfiggendo l’ansia e lo stress. Per contrastare il rischio di problemi cardiovascolari acuti è necessario che il programma di attività fisica venga stabilito da un medico e che sia graduale sia per l’intensità che per i tempi di attuazione. Chi soffre di pressione alta dovrebbe praticare esercizi ad elevata componente aerobica come la marcia, il ciclismo, il jogging, ecc ma non attività di potenza.
    Una qualsiasi attività che permetta di fare un po’ di movimento, anche se solo per pochi minuti al giorno come prendere i mezzi pubblici per andare al lavoro scendendo una fermata prima della destinazione, fare le scale e non prendere l’ascensore, utilizzare la bicicletta quando è possibile, curare il giardino o l’orto, è meglio della più completa inattività fisica. Un’attività fisica regolare e di buona intensità è in grado di ridurre i valori pressori fino a 6 – 7 mmHg.
  • Mangiare in modo sano ed equilibrato assumendo grassi (saturi di origine animale: burro, formaggi e carni rosse) in quantità contenuta, ma non eliminandoli completamente dalla dieta. I cibi poveri di grassi comprendono quelli ricchi di amidi e fibre, che contengono generalmente anche vitamine e minerali. Per questo cercare di mantenere l’apporto di proteine, preferibilmente di origine vegetale (legumi come fagioli, lenticchie, ceci, fave, piselli, ecc..) rispetto a quelle di origine animale. Privilegiare il pesce almeno due volte alla settimana ed evitare di utilizzare sale ove possibile o evitare alimenti preconfezionati, in salamoia che hanno un altissimo contenuto di sale. Il sale incide in modo negativo sull’aumento di pressione.
  • La perdita di peso per alcune persone costituisce il mezzo per tenere sotto controllo la pressione ma anche, in alcuni casi, per ridurre il quantitativo di medicinali da assumere. Essere in sovrappeso costringe il cuore a lavorare di più per pompare il sangue in tutto il corpo. È dimostrato che 10 chili di peso in meno portano ad un abbassamento della pressione arteriosa di 5-10mmHg.
    Mantenere un BMI (Indice di Massa Corporea) di 25 o inferiore e un girovita di 102cm per gli uomini e di 88 cm per le donne è raccomandato ai normotesi per prevenire l’insorgenza di Ipertensione e agli ipertesi per ridurla. La perdita di peso è strettamente legata ad una corretta alimentazione, ad una costante attività fisica e in generale ad uno stile di vita sano.

  • Il fumo di una singola sigaretta è in grado di aumentare rapidamente i valori di Pressione Arteriosa e di Frequenza Cardiaca. Il monossido di carbonio, che costituisce dal 2% al 6% del fumo di sigaretta, lega l’emoglobina, riducendo la capacità di trasporto dell’ossigeno nei fumatori. Infatti, dopo ogni sigaretta la Pressione Arteriosa aumenta per 15 minuti. Inoltre, il fumo favorisce l’arteriosclerosi che provoca il restringimento delle arterie aumentando il rischio di avere un infarto o un ICTUS.

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COS’È LA RIGIDITÀ ARTERIOSA?

Le grandi arterie elastiche, e in particolare l’aorta, rivestono due fondamentali funzioni fisiologiche: da un lato permettono di condurre il sangue dal cuore alle arterie periferiche, dall’altro agiscono da “cuscinetto” trasformando il flusso pulsatile (generato dall’azione cardiaca) in continuo.

Si parla di rigidità arteriosa quando si fa riferimento alla perdita di elasticità delle pareti arteriose, influendo sulla capacità di espandersi e contrarsi in risposta alle variazioni della pressione sanguigna durante il battito cardiaco.

Quando le arterie diventano rigide, il flusso sanguigno può diventare meno efficiente e il cuore può dover lavorare di più per pompare il sangue attraverso il sistema circolatorio. Può essere causata da diversi fattori, tra cui l’invecchiamento, l’ipertensione, il diabete, il fumo e lo stile di vita sedentario.

La rigidità arteriosa può essere un fattore di rischio per molte malattie, tra cui l’ipertensione, l’insufficienza cardiaca e l’aterosclerosi.

Quali sono i sintomi della rigidità arteriosa?

Spesso non presenta sintomi evidenti soprattutto nelle fasi iniziali. Nel tempo può però contribuire al rischio di sviluppare condizioni particolari (come l’ipertensione e l’aterosclerosi) che possono causare sintomi come:

  • mal di testa, vertigini, visione offuscata, sensazione di pulsazioni nelle orecchie o nel collo, stanchezza e difficoltà respiratorie nel caso dell’ipertensione;
  • dolore al petto, difficoltà respiratorie, affaticamento e debolezza come nel caso dell’aterosclerosi;
  • affaticamento, difficoltà respiratoria, edema alle gambe e ai piedi, e palpitazioni come nel caso dell’insufficienza cardiaca.

La rigidità arteriosa spesso viene diagnosticata durante una visita medica di routine, mediante la misurazione della pressione sanguigna o tramite una serie di test e valutazioni mediche.

Punto di partenza della valutazione medica è la conoscenza della storia clinica del paziente.

I test diagnostici comunemente utilizzati per valutare la rigidità arteriosa includono:

  • La misurazione della pressione sanguigna: viene misurata utilizzando un bracciale di misurazione collegato a un manometro e un fonendoscopio. Se i valori della pressione sanguigna risultano elevati, possono essere un segno di presenza di rigidità arteriosa;
  • Test di laboratorio: il medico può richiedere esami del sangue per valutare i livelli di colesterolo, trigliceridi e zucchero nel sangue. Questi test possono aiutare a identificare anche fattori di rischio per malattie cardiovascolari;
  • Eco-doppler: l’ecografia doppler crea immagini delle arterie e del flusso sanguigno grazie agli ultrasuoni;
  • Tomografia computerizzata (TC) o risonanza magnetica (RM): la TC o la RM possono essere utilizzate per valutare le arterie e il flusso sanguigno che le attraversa;
  • Angiografia: tramite l’utilizzo di un liquido di contrasto e i raggi X permette di visualizzare le arterie aiutando a identificare blocchi o restrizioni del flusso sanguigno.

Si può curare la rigidità arteriosa?

La rigidità arteriosa è un processo che fa parte dell’invecchiamento naturale delle arterie, può però anche essere causata da diverse malattie e fattori di rischio, come l’ipertensione, il diabete, il fumo e uno stile di vita sedentario.

Sebbene non sia possibile curarla completamente, ci sono diversi accorgimenti che possono essere adottati per prevenire o ritardare il verificarsi della rigidità arteriosa e le malattie cardiovascolari ad essa associate come:

  • Mantenere un peso corporeo ottimale, adottare una dieta alimentare equilibrata e svolgere regolarmente attività fisica;
  • Ridurre il consumo di alcol e smettere di fumare;
  • Monitorare con regolarità la pressione sanguigna;
  • Controllare e mantenere i livelli di colesterolo sotto controllo, in particolare il colesterolo LDL (“cattivo”);
  • Monitorare i valori del diabete mantenendo il livello di zucchero nel sangue sempre sotto controllo;
  • Ridurre lo stress e la tensione tramite la pratica di meditazione, lo yoga, l’attività fisica e altre attività di svago;
  • Sottoporsi regolarmente a controlli medici può aiutare a identificare preventivamente eventuali problemi di salute, compresa la rigidità arteriosa, in fase precoce e trattarli in modo tempestivo.

Questi piccoli accorgimenti possono aiutare a prevenire il verificarsi della rigidità arteriosa e a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

Quale fascia di età è principalmente affetta da rigidità arteriosa?

Come detto precedentemente, la rigidità arteriosa è un processo naturale dell’invecchiamento e può verificarsi in tutti gli individui.

È più comune negli individui di età superiore ai 50 anni, però può anche verificarsi in persone più giovani a causa di fattori di rischio come l’ipertensione, il diabete, il fumo, l’obesità e la mancanza di attività fisica.

Pertanto, è fondamentale adottare uno stile di vita sano fin dalla giovane età per prevenire la rigidità arteriosa e le eventuali malattie cardiovascolari correlate.

Ogni quanto tempo bisogna effettuare un test per verificare la rigidità arteriosa?

La frequenza dei test per verificare la rigidità arteriosa dipende dallo stato di salute generale dell’individuo e dalla presenza di fattori di rischio cardiovascolare.

Gli individui con fattori di rischio elevati per la rigidità arteriosa o le malattie cardiovascolari dovrebbero sottoporsi a controlli regolari.

Le linee guida dell’American Heart Association raccomandano di effettuare una valutazione della salute cardiovascolare ogni 4-6 anni a partire dall’età di 20 anni per gli adulti senza fattori di rischio cardiovascolare significativi.

Devono essere effettuati con maggiore frequenza per gli adulti con fattori di rischio elevati per la rigidità arteriosa e le malattie cardiovascolari.

Il medico o il cardiologo che segue il paziente può consigliare un programma di monitoraggio individuale basato sulla valutazione del rischio e sulla storia medica personale.

In conclusione, la rigidità arteriosa è una condizione comune che può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari. La diagnosi precoce e il trattamento tempestivo possono aiutare a prevenire eventuali complicazioni e a migliorare la qualità della vita dei pazienti.

È sempre fondamentale consultare il proprio medico per una valutazione e un trattamento adeguato alle proprie esigenze e necessità.

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L’ABLAZIONE CARDIACA

L’ablazione cardiaca o ablazione transcatetere è un intervento chirurgico per il trattamento delle aritmie cardiache.

È necessaria quando i sintomi sono invalidanti e la terapia farmacologica non è sufficiente, come per la tachicardia sopraventricolare, la tachicardia ventricolare e la fibrillazione atriale.
È un intervento considerato moderatamente invasivo, da effettuare in regime di ricovero, in quanto si esegue con cateteri che percorrono le vene o arterie femorali per raggiungere il cuore, analizzare i segnali elettrici e capire dove nasce l’aritmia, eliminando il potenziale circuito elettrico alterato.

È considerata un’ottima soluzione nei casi di tachicardia quando i farmaci sono validi solo per ridurre il numero degli episodi ma non curano l’aritmia come:

  • Tachicardia da rientro nel nodo atrioventricolare;
  • Tachicardia da via accessoria, sindrome di Wolff-Parkinson-White;
  • Tachicardia incessante con riduzione della contrattilità cardiaca.

Oppure quando i farmaci antiaritmici risultano inefficaci o provocano effetti collaterali come nei casi in cui:

  • si presenta il rischio di arresto cardiaco, ad esempio nella tachicardia ventricolare;
  • le crisi di fibrillazione atriale non sono tenute sotto controllo dalla terapia farmacologica;
  • le aritmie sono associate a scompenso cardiaco.

Intervento di ablazione

L’intervento di ablazione cardiaca può essere suddiviso in due fasi:

La prima, detta studio elettrofisiologico, consiste nell’analisi del ritmo e delle proprietà elettriche del cuore, concentrandosi nelle aree di interesse correlate all’aritmia.

La seconda invece, consiste nell’identificazione della zona che causa l’anomalia e successivamente si procede con l’ablazione, rendendo inattiva l’area creando una cicatrice attraverso il passaggio di calore nel catetere.

Per effettuare questa delicata operazione viene utilizzato un particolare catetere che, tramite un ago-cannula viene introdotto nella vena femorale o in quella giugulare, arriva al cuore e, una volta raggiunto, viene messo in azione osservando gli effetti.

Il catetere utilizzato porta con sé un liquido di contrasto e presenta su un’estremità degli elettrodi e una fonte energetica (ablatore).

L’ablatore è lo strumento con il quale si distrugge il tessuto che genera anomalia, eliminando la causa del problema cardiaco e può essere a radiofrequenza (ablazione cardiaca a radiofrequenza), laser (ablazione cardiaca con laser) oppure a bassa temperatura (crioablazione cardiaca).

Concluso l’intervento, al paziente vengono monitorati il battito cardiaco e la pressione sanguigna in modo da intervenire tempestivamente qualora dovessero sorgere delle complicazioni post-operatorie.
Salvo complicazioni, il ritorno alle attività di tutti i giorni, come per esempio il lavoro, avviene nel giro di pochi giorni.

Risultati

In generale l’ablazione cardiaca ha un discreto successo. In alcuni casi è però necessario ripetere la procedura o adottare terapie farmacologiche di mantenimento per far rimanere il ritmo cardiaco entro i limiti della normalità.

La buona riuscita di questa pratica si attesta sul 50% dei casi di guarigione totale dopo il primo intervento, sul 70% dopo due procedure e sull’85% dopo tre.

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LA FIGURA DELL’ELETTROFISIOLOGO E LA FIBRILLAZIONE ATRIALE

 

Di cosa si occupa il cardiologo elettrofisiologo?

Il cardiologo elettrofisiologo è il medico che si occupa di studiare le disfunzioni elettriche che riguardano il cuore e di interviene sulle aritmie tramite:

  • studio elettrofisiologico;
  • ablazione transcatetere;
  • impianto di elettrostimolatori cardiaci;
  • impianto di defibrillatori;
  • trattamento dello scompenso cardiaco;

Le procedure vengono per lo più eseguite con metodo non chirurgico attraverso cateteri posizionati nel cuore per via percutanea.

La ricerca e la tecnologia hanno permesso di riconoscere tutte le vie di conduzione naturali dello stimolo cardiaco riuscendo così a mappare le varie tipologie di aritmie individuandone l’origine.

Le aritmie possono essere più o meno pericolose per la salute dell’essere umano e possiamo classificarle in:

  • Bradicardiche: è un rallentamento della frequenza del ritmo cardiaco (il cuore batte più lentamente)
  • Tachiaritmiche: è un aumento della frequenza del ritmo cardiaco (il cuore batte più velocemente)
  • Extrasistole: è un battito anomalo, prematuro rispetto alla normale cadenza del ritmo cardiaco.
  • Fibrillazione Atriale: è un’alterazione del ritmo cardiaco che interessa agli atri del cuore e che rende il battito molto rapido ed irregolare.

In generale, grazie all’utilizzo di strumenti come la radiofrequenza, i raggi laser e la terapia del freddo, è possibile “navigare” all’interno delle aritmie eliminandone con precisione assoluta la propagazione.

La Fibrillazione Atriale invece è un tipo di aritmia molto resistente ai trattamenti e alle terapie, perché tende a diventare cronica.

Vediamo cos’è la Fibrillazione Atriale e come intervenire

La Fibrillazione Atriale è la forma più comune di aritmia e si verifica quando il cuore non si contrae con la forza con la quale dovrebbe.

Questo può provocare un ristagno di sangue al suo interno con conseguente formazione di coaguli. I coaguli si possono spostare e arrivare fino al cervello, rischiando di rimanere intrappolati in un’arteria cerebrale ristretta, bloccando la circolazione e provocando un ICTUS

La Fibrillazione Atriale può essere di breve durata (con sintomi che compaiono e scompaiono), silente (è asintomatica, viene riscontrata in maniera casuale) oppure parossistica (si risolve da sé e non necessita di alcun intervento).

È bene intervenire sin dai primi sintomi perché un episodio, se trascurato, può ripetersi e può diventare sempre più difficile curarlo in via definitiva.

Come si può curare la Fibrillazione Atriale?

Prima di tutto con una terapia farmacologica, che può essere di due tipologie:

  • farmaci antiaritmici: in grado di prevenire o correggere l’aritmia;
  • terapia anticoagulante orale: un insieme di farmaci in grado di modificare la capacità di coagulare del sangue, riducendo il rischio della formazione di trombi.

Se la Fibrillazione Atriale resiste alle terapie farmacologiche si può optare per:

  • Cardioversione elettrica: al paziente sedato in anestesia generale viene provocato uno shock a livello del petto, con ripristino immediato del ritmo sinusale.
  • Ablazione della Fibrillazione Atriale: una terapia più invasiva eseguita dall’elettrofisiologo. Vengono inseriti sondini che, partendo dalle vene femorali, raggiungono la parte del cuore che fibrilla e con questi vengono eseguite delle piccole bruciature volte a isolare le vene polmonari da cui si genera la fibrillazione.

Sottoporsi ad uno studio elettrofisiologico non rientra nella prevenzione in quanto l’eventuale intervento avviene in una fase successiva del verificarsi dell’anomalia.

Cosa consigliano gli elettrofisiologi? Di prevenire!

Come?

  • Fare esercizio fisico. Per la maggior parte delle persone l’esercizio fisico regolare e moderato è un buon modo per ridurre il rischio di malattie cardiache, in quanto aiuta a regolare i ritmi biologici e a tenere il peso sotto controllo, migliorando l’umore e il sonno. Ovviamente non tutti gli esercizi fisici o sport vanno bene, meglio attività aerobiche piuttosto che sport di resistenza e sforzo. Leggi di più qui.
    Lo stress e l’obesità sono legati allo sviluppo della Fibrillazione Atriale. Si consiglia di ridurre al minimo i livelli di stress attraverso varie tecniche, come esercizi di respirazione, meditazione o yoga. Sia l’esercizio fisico regolare e moderato che una dieta sana possono contribuire a una migliore gestione del peso, che può aiutare a prevenire o gestire la Fibrillazione Atriale. Misurare l’altezza e il peso, calcolare l’IMC personale e mirare a ridurlo a meno di 25.
  • Condure uno stile di vita sano. Uno stile di vita attivo abbinato a una dieta sana è vitale quando si tratta di gestire la salute del cuore. Si raccomanda di eliminare gli alimenti molto elaborati o ad alto contenuto di grassi, ad esempio passando alla dieta mediterranea. In caso di pressione alta, si consiglia anche di ridurre l’assunzione di sale.
  • Ridurre il consumo di alcol. È infatti associato a un maggior rischio di Fibrillazione Atriale. Il consumo di alcol basso o moderato potrebbe non causare necessariamente grossi problemi, ma deve essere evitato un consumo eccessivo.
  • Smettere di fumare. Il fumo abbassa i livelli di ossigeno nel sangue e fa battere il cuore più velocemente, mentre la caffeina può aumentare la Pressione Arteriosa e la frequenza cardiaca. Di conseguenza, si consiglia di smettere completamente di fumare (il che migliorerà anche la salute dei polmoni) e limitare la caffeina a non più di 2-3 tazzine di caffè al giorno per gestire meglio la salute del cuore.
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CHI HA PROBLEMI CARDIACI PUÒ VACCINARSI CONTRO L’INFLUENZA E IL COVID-19?

 

Secondo un articolo del Sole 24 Ore, nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare contrarre l’influenza aumenta di 6 volte la probabilità di infarto. Tuttavia, le persone con malattie cardiache rinunciano spesso alla vaccinazione antinfluenzale per paura di avere una reazione avversa.

I risultati di una ricerca del Brigham and Women’s Hospital dell’Harvard Medical School di Boston, pubblicata di recente sull’European Journal of Hearth Failure, ritengono invece che chi ha piccole reazioni di dolore o fastidio nelle prime ore nel punto di inoculo ha il cuore perfino più protetto. La probabilità di ricoveri per problemi cardiaci e/o polmonari e la mortalità si riducono di un ulteriore 20% in chi ha sperimentato reazioni avverse nel punto dell’iniezione.

Lo studio statunitense ha seguito per tre diverse stagioni influenzali oltre 5.200 persone vaccinate e non vaccinate per l’influenza che erano già state ricoverate per scompenso o infarto ed erano quindi a elevato rischio cardiovascolare.

I dati mostrano che il 38% delle persone ha avuto effetti collaterali, ma che nel 76% dei casi si è trattato di reazioni lievi, come dolore nel punto dell’iniezione (60%), dolori muscolari (34%) o fastidio generale (22%). Gli effetti collaterali, più frequenti nelle donne e in chi era già stato ricoverato per un infarto, ma anche in chi era più giovane, nei fumatori e in chi era sovrappeso, sono risultati protettivi: chi li ha sperimentati ha registrato un calo del 20% della probabilità di problemi cardiaci e/o polmonari e della mortalità nei mesi successivi. Questi risultati confermano la necessità di vaccinare le persone ad alto rischio cardiovascolare: come già detto all’inizio, l’influenza può essere molto pericolosa in questi pazienti, aumentando fino a sei volte il rischio di un infarto mentre le reazioni gravi da vaccino sono rare (nello studio statunitense ammontano ad appena l’1.1% dei vaccini somministrati).

In vista di una stagione influenzale particolarmente difficile, con l’”Australiana” che a oggi ha già colpito quasi 1 milione di italiani, gli esperti raccomandano agli over 65 e soprattutto a chi è ad alto rischio cardiovascolare di vaccinarsi senza paura.

Nella stagione 2021/2022 la copertura vaccinale con l’antinfluenzale è stata pari a circa il 60% della popolazione over 65. Il vaccino antinfluenzale si associa a una riduzione netta del rischio di malattia e mortalità negli anziani ed è molto protettivo per chi è a elevato rischio cardiovascolare.

L’invito alla prevenzione si estende anche al vaccino anti-Covid, che è sicuro per il cuore: dati presentati durante l’ultimo congresso dell’American Heart Association, raccolti complessivamente su quasi 7,5 milioni e mezzo di dosi somministrate, confermano che i richiami del vaccino successivi alla seconda dose non aumentano il rischio di miocarditi. Le miocarditi registrate dopo la vaccinazione anti-Covid sono rare e quasi sempre lievi, con sintomi che si risolvono senza trattamenti complessi. Altri studi hanno invece dimostrato che le miocarditi sono più frequenti e gravi in caso di infezione da Sars-CoV-2: è perciò opportuno che le persone, specialmente gli over 65 a rischio cardiovascolare, si sottopongano ai vaccini e ai richiami raccomandati.

Secondo ciò che emerge da studi portati avanti dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) la mortalità da Covid-19 è associata al 65,8% da Ipertensione e dal 24,2% da Fibrillazione Atriale, 2 tra le cause di ICTUS. Un altro dato emerso è che i malati COVID-19 sviluppano la Fibrillazione Atriale con una prevalenza del 19-21%.

Ad allarmare maggiormente sono le persone che per paura non vanno dal medico o non fanno screening utili a prevenire problemi cardiovascolari e non solo. Dai dati del NICE è emerso che nel periodo COVID-19 c’è stata una drastica diminuzione di pazienti con Fibrillazione Atriale (-47%) e un aumento esponenziale di ICTUS causati da Fibrillazione Atriale.  

Applicando le evidenze e le valutazioni delle linee guida NICE ai dati di prevalenza in Italia, lo screening della Fibrillazione Atriale e il monitoraggio della Pressione Arteriosa in soggetti con problemi cardiovascolari così come la vaccinazione antinfluenzale e il vaccino anti-Covid possono davvero salvare la vita delle persone!

Fonte:

Sole 24 Ore sanità articolo di Ciro Indolfi *, Pasquale Perrone Filardi ** 16/12/2022

NICE: https://www.nice.org.uk/guidance/ng191